Nuovo colpo di scena, o “colpo di martello” come lo definisce la stampa inglese, sul ritorno dello shopping tax free nel Regno Unito. Jeremy Hunt, da poco nominato dalla premier Liz Truss Cancelliere dello Scacchiere, ha infatti annullato i piani del suo predecessore, Kwasi Kwarteng, per consentire lo shopping esentasse agli shopper stranieri. Le reazioni delle insegne di vendita al dettaglio non si sono fatte attendere: Paul Barnes, numero uno dell’Association of International Retail, ha parlato di una “mossa miope” che si basa su “proiezioni imprecise e incomplete”. A rischio ci sarebbe la ripresa del turismo a Londra e nelle sue high streets.
“Annulleremo quasi tutte le misure fiscali annunciate nel piano di crescita tre settimane fa”, ha dichiarato Hunt alla stampa internazionale, ufficializzando il cambio di rotta del governo Truss per la politica economica. Cancellato quindi il piano per il minibudget da 45 miliardi di sterline (circa 52 miliardi di euro), precedentemente varato. Hunt ha inoltre reso noto che verranno aumentate le tasse per 32 miliardi di sterline l’anno e che non sarà prorogato il tetto ai prezzi dell’energia, che scade ad aprile.
Lo scorso 23 settembre Kwarteng aveva avviato un programma di shopping esente da Iva per i visitatori stranieri nel Regno Unito, consentendo ai turisti di ottenere un rimborso del 20%, all’uscita dal Paese, per merci acquistate nelle vie del lusso e negli aeroporti di Inghilterra, Scozia e Galles. Venerdì scorso, però, la premier Liz Truss ha licenziato il ministro delle finanze, in un rimpasto motivato con l’esigenza di stabilizzare l’economia.
“Siamo delusi dal fatto che il governo abbia deciso di non procedere con la sua politica di ripristino degli acquisti esentasse, una politica che avrebbe portato rapidamente una crescita”, ha spiegato a Bloomberg Helen Brocklebank, CEO di Walpole, associazione che rappresenta il lusso britannico. Gli esperti avevano stimato che lo shopping tax free potesse generare 1,2 miliardi di sterline di vendite al dettaglio dirette attraverso il turismo e l’hospitality. “Sarebbe stato un impulso significativo per la produzione del Regno Unito, che fa parte di un più ampio ecosistema e sostiene l’occupazione in tutto il Paese”, ha concluso Brocklebank.
Downing Street aveva già scelto di rinunciare al tax free nel 2020, quando il governo di Boris Johnson aveva parlato di “un’agevolazione trasmessa solo ai passeggeri e che, in alcuni casi, è uno sgravio non coerente con i princìpi fiscali internazionali”, decidendo di porre fine alle vendite esentasse all’interno di aeroporti, porti e stazioni Eurostar dall’inizio del 2021. Anche allora, la scelta aveva attirato dure critiche dal parte del mondo retail e del turismo.