Anche (e soprattutto) in tempi di Covid-19 gli scandali a tema razzismo sono in agguato e, a finire al centro della bufera, questa volta c’è Lululemon. Il brand è infatti stato vittima, in questi giorni, dell’hashtag “Lululemon insults China”, visualizzato sul social cinese Weibo “milioni di volte”, come riportato da Reuters, in quanto un art director dell’azienda ha promosso, sul proprio profilo Instagram, la vendita di una maglietta ritraente quella che sembra una confezione di cibo d’asporto con due ali di pipistrello. La maglietta è stata realizzata dall’artista californiano Jess Sluder ed è stata identificata con il nome “bat fried rice”.
Il brand, a rischio boicottaggio social, ha così dovuto specificare, tramite i suoi canali, che la maglietta incriminata “non è un prodotto Lululemon” e ha inoltre detto che l’art director in questione “non è più un dipendente”.
Quanto accaduto ricorda lo scandalo che ha coinvolto Dolce&Gabbana nel 2018, dopo che il brand aveva realizzato dei video considerati offensivi per il popolo cinese. Non solo, Stefano Gabbana aveva anche inviato, attraverso il suo canale Instagram, diversi messaggi privati (poi resi pubblici dal destinatario) lamentando l’incompetenza del suo staff Oltre Muraglia con frasi offensive per i cinesi. La risposta non si è fatta attendere e la Cina ha letteralmente boicottato il brand, facendogli registrare un calo dei ricavi.