L’industria del fast fashion rappresenta una chiara “emergenza ambientale”. Questa volta, il palco dell’accusa è di quelli che non si possono sottovalutare, poiché sono le Nazioni Unite. L’allarme, infatti, arriva dal forum delle Nazioni Unite a Ginevra, dove, secondo quanto riportato da Wwd, è stato evidenziato come questa industria, il cui valore globale si aggira sui 3mila miliardi di dollari, sia la seconda al mondo per consumo di acqua, produca il 20% del totale delle acque di scarico e il 10% delle emissioni globali. Non solo, l’industria richiede 10mila litri d’acqua, ovvero quanto una persona beve in 10 anni, per produrre 1kg di cotone, abbastanza per produrre un solo paio di jeans. A ciò si aggiunge il fatto che le fabbriche di cotone utilizzano un quarto di tutti gli insetticidi e l’11% per cento dei pesticidi usati a livello globale. Attualmente, inoltre, come messo in luce dall’analista Birgit Lia Altmann, il fast fashion produce circa 52 micro stagioni, e i consumatori comprano molti più capi rispetto agli anni 2000, i quali vengono indossati per la metà del tempo, mentre circa il 40% non viene proprio mai indossato.
“È chiaro che l’industria del fast fashion debba cambiare marcia”, ha commentato Olga Algayerova, segretario esecutivo della Economic Commission for Europe dell’Onu all’evento intitolato “Fashion and the Sustainable Development Goals: What Role for the Un?”.
Un recente caso emblematico che riguarda fast fashion e ambiente è, non a caso, quello che coinvolge uno dei maggiori player del settore, ovvero H&M, accusato di aver bruciato, negli scorsi anni, circa 60 tonnellate di abiti non venduti e ancora utilizzabili.*
* Articolo integrato l’8/3/2018 alle ore 10:30
Abbiamo ricevuto e pubblichiamo la replica di H&M, peraltro già inserita nei contenuti all’interno dell’articolo linkato: “L’impegno in sostenibilità è sempre stato un elemento fondamentale dell’offerta H&M. H&M è stata la prima azienda di moda al mondo a lanciare, nel febbraio 2013, un progetto di raccolta globale di abiti usati in tutti i mercati in cui è presente, Italia inclusa. L’iniziativa è prima di tutto un progetto ambientale con l’obiettivo a breve termine di evitare gli sprechi e ridurre al minimo i rifiuti che vanno in discarica, mentre l’obiettivo di lungo periodo è trovare una soluzione per il recupero di tutte le fibre tessili ed un loro nuovo utilizzo.È molto raro per H&M destinare i capi all’incenerimento, questa soluzione viene adottata solamente quando non soddisfano i nostri standard di sicurezza. Quando i risultati dei test indicano che alcuni prodotti non soddisfano le nostre norme di sicurezza, non possono in nessun caso essere venduti ai nostri clienti o riciclati. Vengono quindi destinati alla distruzione in conformità con le nostre routine di sicurezza globali. H&M ha una delle più severe restrizioni chimiche nell’industria ed esegue regolarmente test di controllo, spesso in laboratori esterni. Di conseguenza, le nostre restrizioni vanno spesso oltre i requisiti di legge in quanto vogliamo che i nostri clienti si sentano completamente sicuri di utilizzare i nostri prodotti”.