Da kermesse dai grandi nomi, a fashion week focalizzata soprattutto sui talenti emergenti e sulle griffe di casa. A cinque anni dal suo debutto, le sfilate di Londra dedicate alla moda maschile faticano a tenere il passo con le manifestazioni delle altre capitali della moda. Osservando lo schedule ufficiale della prossima edizione di London fashion week men’s (nuova denominazione dell’evento, nato inizialmente come London collections: men) diffuso oggi dal British fashion council, è facile notare la mancanza di un nome forte capace di trainare la cinque giorni dedicata al menswear, in calendario dall’8 al 12 giugno. A comporre lo schedule, infatti, sono marchi radicati nel panorama britannico come Vivienne Westwood, Dunhill, Belstaff e Barbour, accompagnati da brand più o meno emergenti come Phoebe English, KTZ e Lou Dalton.
Sembrano lontani i giorni in cui Londra era decisa a imporsi come nuova capitale della moda menswear, dichiarando guerra a Pitti Immagine Uomo tanto da programmare le sue edizioni nelle stesse giornate della fiera di Firenze, e alle sfilate di Milano, rubando alcuni dei suoi big names come Burberry e Alexander McQueen. E per alcune edizioni London fashion week men’s è stato veramente “the place to be” per molte case di moda, inglesi e non. Grazie al traino di marchi come Tom Ford e McQueen, entrati in calendario a gennaio 2013, e soprattutto di Burberry, che aveva lasciato Milano a giugno diventando il nome di punta della manifestazione. Di contorno, gli eventi firmati Paul Smith e Tommy Hilfiger, i debutti al maschile dei brand britannici più cool, da Christopher Kane a J.W. Anderson, fino all’arrivo di Coach nel 2015.
La stagione che può essere definita come un “canto del cigno” di London fashion week men’s è quella della primavera-estate 2016, dove tutti i nomi citati sopra erano presenti con i loro eventi, sfilate e presentazioni. A infierire il primo duro colpo è stata la decisione di Burberry di unificare le sfilate uomo e donna durante le kermesse di febbraio e settembre storicamente dedicate al womenswear, decisione poi presa anche da Tom Ford e Coach, e che ha portato alla fuga di altre griffe come Alexander McQueen, ormai più propenso a riportare in scena il menswear a Parigi dove già è presente con la donna. L’ultima stilettata, e forse la più dolorosa, è quella inferta da Pitti uomo, che è riuscita a strappare J.W. Anderson, unico nome di punta rimasto nel calendario, per portarlo a Firenze come special guest.