Il CEO di Nike, Mark Parker, ha minacciato nei giorni scorsi di voler cambiare la location produttiva in Cina. L’annuncio è arrivato in seguito allo sciopero, definito tra i più grandi mai tenutisi nel Paese dal 1970, contro le condizioni di lavoro presso gli stabilimenti di Dongguan della società Yue Yuen Industrial Holdings Ltd, produttrice del footwear di Nike e di altri marchi internazionali.
Lo sciopero, iniziato il 14 aprile scorso, ha messo in luce, tra le problematiche, i ridotti contributi versati dalla società per l’assicurazione e i fondi previdenziali dei lavoratori. Nike, dal canto suo, ha spiegato di aver sottoscritto contratti che prevedono una paga minima a tempo garantita per i dipendenti delle società che producono per il suo brand.
La società americana, che al momento non si pronuncia sulle reali condizioni dei lavoratori, sta procedendo con controlli presso gli stabilimenti di Yue Yuen, la società quotata alla Borsa di Hong Kong che vale 5,6 miliardi di dollari. In caso di non idoneità delle strutture, Nike ha anticipato che sposterà la sede produttiva in un altro stabilimento che già possiede sempre in Cina. L’obiettivo di Parker, secondo le sue parole, è “garantire una corretta situazione lavorativa ai dipendenti evitando così scontri sindacali”.
Intanto, la polizia ha arrestato un lavoratore per aver diffuso online le informazioni relative all’organizzazione dello sciopero, incitando alla partecipazione.
La maggior parte dei lavoratori (80%) è però tornata al lavoro dopo che la società ha accolto alcune loro richieste.