Quando lunedì 16 dicembre, dalla Borsa italiana, sono arrivati i segnali dell’exploit di Moncler al primo giorno di quotazione, il sistema della moda nazionale, e con esso i vertici di Palazzo Mezzanotte, hanno brindato alla conferma che il lusso made in Italy gode ancora di una spettacolare forza di attrazione nel mondo. Per contro, nelle stesse ore, a Biella, probabilmente qualcuno avrà provato disagio nel vedere l’effetto moltiplicatore della ricchezza dimostrato da Piazza Affari, ripensando che, magari, qualche mese addietro, si sarebbe potuto percorrere la stessa strada, anziché cedere un’azienda ai francesi di Lvmh. Va smussata l’euforia dei primi, va rivalutato il disagio dei secondi.
L’operazione Moncler dimostra certamente quanto l’attenzione sia tuttora al massimo nei confronti del sistema italiano del lusso, e come la Borsa di Milano resti una vestigia da capitale della moda mondiale. Tuttavia, è bene rilevare come i moltiplicatori che il mercato ha riconosciuto al gruppo dei piumini rientrino in quella esuberanza irrazionale che la finanza è abituata ad accendere, scommettendo in modo preponderante sulla realtà del “domani”, piuttosto che su quella dell’ “oggi”.
Ciò che ha spinto i conti delle griffe negli ultimi due anni, e ciò che dovrebbe mantenerli accesi nel “domani”, è uno squilibrio sui mercati mai stato tanto pronunciato nella storia della moda. I bilanci dei gruppi del settore oggi dipendono da consumatori mai stati tanto distanti da casa, dalla fabbrica del prodotto. Questi valori di Borsa e questi moltiplicatori dipendono (anch’essi) dalla capacità di costruire e mantenere nel tempo i legami con questi clienti mai stati tanto stranieri. Dunque, c’è una forte componente di scommessa sulle partite che Moncler, così come altri che oggi godono dei favori degli investitori, dovranno giocare. Si tratta di sfide per cui serviranno strutture e investimenti adeguati. E qui subentra l’analisi sul disagio in casa Biella per la cessione di Loro Piana a Lvmh a “soli” 2,5 miliardi. Cifra che riflette un moltiplicatore inferiore rispetto a quello raggiunto da Moncler. Per intendersi, al moltiplicatore dei “piumini” oggi Loro Piana in Borsa varrebbe circa 2,8 miliardi. Tuttavia, c’è chi ritiene l’operazione Lvmh-Loro Piana un’iniziativa win-win, al punto, sostengono gli analisti, che potrebbe addirittura spianare la strada all’acquisizione di altre maison del lusso familiare italiano. Perché? Proprio perché, al posto di scegliere il mercato finanziario e mantenere la sua autonomia, il gruppo biellese ha ceduto la propria autonomia a un gruppo che “fa il mercato” del lusso. Con una potenza di investimenti, e di distribuzione che Moncler (che, peraltro, è andato in Ipo senza aumento di capitale), farà fatica a raggiungere con tutti i possibili moltiplicatori. Ecco perché, tra euforia e disagio, servirà un equilibrio italiano alla crescita.
David Pambianco