Fondato nel 1919 da Giorgio Fedon, il gruppo specializzato nella produzione e commercializzazione di porta-occhiali ed accessori per il settore ottico ha superato senza intoppi il cambio generazionale e, negli ultimi anni, ha avviato importanti diversificazioni tra cui la pelletteria a marchio Giorgio Fedon 1919, progetto caro al presidente Callisto Fedon, al quale abbiamo chiesto obiettivi e progetti della collezione.
Avete lanciato la pelletteria nel 2001, come sta andando questo progetto?
Per noi è ancora un business marginale, tant’è che rappresenta solo un 10% del fatturato aziendale (55 milioni di euro), ma l’intenzione è di raddoppiare nei prossimi tre anni. Per questo, dopo una fase di sperimentazione del cosiddetto prodotto moda, abbiamo scelto di tornare a focalizzarci sul segmento del lavoro e del viaggio, concentrandoci prima di tutto sullo sviluppo del prodotto.
Quali strategie metterete in atto per crescere?
Ad oggi, a livello di ricavi, Italia, Europa e Asia hanno pressappoco lo stesso peso, ma per crescere ci concentreremo sullo sviluppo dei mercati stranieri, Estremo Oriente in testa, operando contemporaneamente sulla composizione dell’offerta. Ai prodotti interamente in pelle affiancheremo altri a più alta diffusione, caratterizzati dall’utilizzo di tessuti tecnici e leggeri per cui come payoff abbiamo scelto “la leggerezza dell’essere”. Nelle nostre stime, a regime, questo segmento rappresenterà la fetta più significativa dell’intera collezione.
A che tipo di consumatore vi rivolgete?
Il nostro è un prodotto uomo/donna che definirei “vivace” e col quale ci rivolgiamo ad un consumatore evoluto alla costante ricerca di soluzioni funzionali che coniughino leggerezza, resistenza e design, ma con un tocco di brio. Non a caso l’arancione è il nostro colore identificativo.
Come siete organizzati?
Abbiamo una divisione, la Giorgio Fedon 1919, che segue nello specifico il business della pelletteria e che da settembre ha un nuovo capo, Alberto Agostinacchio. Per la commercializzazione poi in Italia ci affidiamo ad una rete vendita composta da agenti, mentre all’estero abbiamo una distribuzione mista. In Francia e Germania, ad esempio, siamo presenti attraverso le nostre filiali dirette che trattano i prodotti di ottica, mentre in Asia ci affidiamo a dei distributori locali e seguiamo tutto dalla nostra sede di Hong Kong.
In che genere di negozi siete presenti?
Anche qui la situazione cambia da Paese a Paese, ma negli anni abbiamo puntato sull’apertura di vetrine monomarca, di cui più della metà si trovano in Asia (Cina, Singapore, Jakarta, Hong Kong). Nel complesso sono una dozzina i monomarca all’attivo, oltre ad una quindicina di shop in shop e ad un certo numero di corner. Siamo anche nei cataloghi di vendita di alcune compagnie aeree e nei duty free di aeroporti internazionali come Mosca, Hong Kong e Shangai.
Come è stato passare dal btb al btc?
È decisamente diverso e meno prevedibile! Nel business degli accessori per occhiali infatti sviluppiamo i prodotti coi nostri clienti e diamo il via alla produzione una volta raccolti gli ordini, mentre con la pelletteria bisogna studiare il mercato, sviluppare le collezioni, produrre, lanciare il prodotto sul mercato e aspettare il sell-out… è tutta un’altra cosa.