Per Valentino passerelle bollenti. O almeno, passerelle molto più calde di qualche mese fa. Nel giro di quel maledetto trimestre estivo del 2007, infatti, il comparto del private equity ha vissuto uno dei suoi maggiori downturn: prezzi degli asset a picco, costo del denaro schizzato all'insù, possibilità di rifinanziamento vicine allo zero per mancanza di liquidità.
In uno scenario di liquidità azzerata, l'enorme leva utilizzata dalla cordata di Permira (un finanziamento effettivo lordo attorno ai 2,7 miliardi, su linee di credito monstre fino a 7 miliardi) diventa un macigno per il sistema. Permira, dunque, proseguirà nella strategia di spostare a valle (nelle società operative) il debito. Tuttavia, i passi rischiano di essere molto più pesanti. E di mandare in fibrillazione la catena delle controllate (Hugo Boss), nonché, soprattutto, il pool di banche che ha sostenuto l'operazione. Il primo passo all'orizzonte è il 31 luglio 2008. Come da accordi, per quel giorno il fondo dovrà fondersi con Vfg, pena «la scadenza di tutte le linee di credito alla predetta data del 31 luglio 2008». Ci sono poi i covenant da rispettare con cadenza trimestrale a partire dal 30 settembre 2008 (una serie di rapporti tra ebitda e gli oneri finanziari netti consolidati, a valori crescenti nel tempo; e tra indebitamento finanziario netto e l'ebitda consolidato, a valori decrescenti).
Per tranquillizzare i finanziatori, Permira deve compiere qualche passo verso valle. Nel senso che deve realizzare quello che è un obiettivo tipico di ogni operazione con grande leva: il cosiddetto «push down» del debito, ossia il suo spostamento verso gli asset più ricchi e a maggiore garanzia per le banche (rispetto ai crediti verso un veicolo finanziario), e ottenere così un progressivo calo del costo del debito. Il push down, del resto, è previsto nello stesso accordo con le banche finanziatrici. è a questo punto che entra in gioco Hugo Boss. La società di Metzingen, infatti, è la vera cash cow del gruppo Vfg. Ed è questa dove Permira ha cominciato a spostare il debito, deliberando qualche giorno fa la distribuzione di un maxi dividendo (ordinario e straordinario) da 445 milioni di euro, il maggiore della sua storia. Per finanziare il quale, l'azienda ha parlato di «un miglioramento nella struttura del capitale, mantenendo la flessibilità finanziaria per continuare la crescita organica e facendo acquisizioni». Nei fatti, l'equity ratio (l'equity a sostegno degli investimenti) è sceso dal 53 al 20 per cento. Molto meno rassicurante, secondo diversi analisti.
Estratto da Finanza&Mercati del 15/03/08 a cura di Pambianconews