Sempre più persone si avvicinano alla “moda etica“, disposte a spendere un po' di più, a patto che capi e accessori abbiano alle loro spalle un processo di lavorazione ispirato allo sviluppo sostenibile. è quanto dimostra un rapporto, con relativa ricerca di mercato, commissiogato dall'International Trade Center (Itc) – l'agenzia operativa di cooperazione della United Nations Conferente on Trade and Development e della World Trade Organization.
Secondo i dati della ricerca, la moda etica è in espansione da 10-15 anni. La crescita del “lusso etico” risale invece agli ultimi cinque anni. Di particolare interessanti i dati sul Regno Unito, dove il mercato della moda etica è cresciuto del 30% tra il 2004-2005, per un valore di 43 milioni di sterline (oltre 60 milioni di euro), pari a circa lo 0,1% del mercato complessivo della moda, che vale intorno ai 36 miliardi di sterline. Il 27% del mercato sarebbe intenzionato ad aumentare la propria spesa nella moda etica.
E in Italia? Secondo Paolo Foglia, responsabile Ricerca e sviluppo di Icea, Istituto per la certificazione etica e ambientale, «dal 2004 a oggi le imprese che propongono sul mercato filati e tessuti da agricoltura biologica sono triplicate. Sia come produttrice sia come consumatrice di abbigliamento bio l'Italia è però tra gli ultimi posti in Europa, superata da Germania, Inghilterra e Francia, e anche da Turchia, India e Cina, anche se la situazione sta mutando in favore di una crescita a livello sostenuto».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 12/02/08 a cura di Pambianconews