“Ho fatto molti errori. Ma la lezione è stata chiara e non li ripeteremo. Pasquale Natuzzi come mai, dopo oltre quarant'anni di crescita, la sua azienda ha avuto una dura battuta d'arresto che ha portato al primo bilancio in rosso della sua storia. «Abbiamo perso in America ma non accadrà più, perché abbiamo cominciato a produrre in Cina e in Brasile i divani di marca Natuzzi per il mercato Usa. E abbiamo sofferto con la politica commerciale perché in Gran Bretagna i nostri negozi non hanno funzionato. Ma anche qui abbiamo imparato e cambiato strada rapidamente».
Contate 290 punti vendita nel mondo: quante aperture sono previste nel 2006?
Circa 50. Siamo in grado di aprire un negozio in una settimana. Una squadra che è capace di fare i rilievi delle location, progettare e realizzare in qualsiasi angolo del mondo. Nei giorni scorsi, mentre allestivamo Milano, abbiamo aperto il nostro primo negozio in Russia, a Mosca.
Eppure nel retail avete avuto un'esperienza negativa in Inghilterra, con la catena Kingdom of leather…
Quell'acquisizione è stata un errore. Abbiamo sbagliato il posizionamento dei negozi. Il management fece una due diligence economica, ma non di «valore». Noi non facciamo sconti, perché crediamo nel rispetto del cliente e nella trasparenza. Kingdom of leather lavorava tagliando i listini fino al 50%. Era un modello che non si poteva adattare ai nostri prodotti. Ma quel capitolo è ormai chiuso. Abbiamo un piano di riapertura e il manager che lo seguirà è una persona adatta alla gestione della nostra marca.
Nell'ultimo trimestre 2005 siete tornati a crescere negli Usa (+19,7%). Un'inversione di tendenza importante.
La ripresa è stata possibile grazie al fatto che abbiamo sviluppato una linea prodotta in Cina e Brasile. Questa mossa ci ha consentito di far crescere il fatturato e tornare ad avere margini di guadagno.
Un contributo fondamentale è venuto dalla marca Italsofa. La linea di «primo impianto» prodotta all'estero che nel 2005 è cresciuta del 30,6%…
Con Italsofa abbiamo possibilità di crescita notevoli con margini interessanti. Produrre all'estero consente di abbattere i costi. Ma non è facile. L'ostacolo maggiore è la lingua. Essere direttore di un impianto o responsabile di un reparto significa avere competenze, ma anche essere un comunicatore e saper gestire le risorse umane. Gli stabilimenti di cui parliamo (Cina, Brasile e Romania) impiegano tra i 1.200 e i 1.400 dipendenti ciascuno. Ora stiamo cercando amministratori delegati locali, gente che parli la lingua e sotto la nostra guida organizzi queste entità.
Il Governo nel 2005 vi ha concesso la cassa integrazione per 1.300 dipendenti. A settembre l'avete sospesa, facendo tornare tutti al lavoro. E in futuro?
I segnali dei primi mesi sono incoraggianti per il flusso degli ordini. Oggi siamo a 6-7 settimane. Il che è l'ideale, per pianificare meglio le nostre attività.
Estratto da Economy del 13/04/06 a cura di Pambianconews