America terra di conquista per gli europei. America che dopo la grande corsa alla delocalizzazione torna ad organizzarsi una produzione interna, soprattutto nel settore del denim e delle aziende medio piccole. America in cerca di partner in grado di risollevare le sorti di firme cadute in disgrazia. America che riprende a consumare e a spendere in abbigliamento. Capire cosa sta succedendo nel mercato della moda statunitense è piuttosto complicato, anche perché poche griffe in questo momento hanno voglia di parlare e, tranne le quotate, nessuna fornisce dati economici. Il paese (che ha registrato un +2% rispetto all'anno scorso nelle vendite natalizie) sta soffrendo la seconda grande crisi dell'ultimo cinquantennio nel settore tessile. Tra le case di moda è in atto una corsa al riparo, con misure drastiche che vanno dai licenziamenti, alle dismissioni di stabilimenti (Levi's, appesantita da 2,37 miliardi di debiti ha appena chiuso l'ultima unità produttiva per concentrare la produzione in Oriente), al taglio delle spese con un utilizzo massiccio di tecnologie informatiche in grado di creare reti interne e collegare in tempo reale quartieri generali dislocati nel mondo.
Le importazioni dal Vecchio Continente sono penalizzate dall'euro forte, anche se, proprio grazie al forte potere d'acquisto degli europei c'è una sorta di corsa alla conquista di spazi, negozi, basi logistiche distributive: «Quello che un tempo costava il 35% in più oggi costa altrettanto in meno, spiega da New York Roberto Luongo dell'Ice. Case di moda europee, per le quali gli Usa erano inavvicinabili, stanno penetrando nel territorio, non più l'East Coast, ma anche il centro, la Florida, il West. E' molto più facile comprare, anche sfruttando le nuove leggi promosse dal Ministero delle unità produttive».
C'è anche un fattore nuovo: «Aziende di media dimensione, parlo di Paper Denim, Seven, Juicy Couture, racconta Massimo Ferrucci, titolare dell'azienda americana Ufo sono tornate a produrre in Usa, soprattutto il denim. Intanto è meno caro che in Europa, poi una produzione locale consente alle società di avere più velocità nei riassortimenti e nelle consegne, cosa che ormai in America è diventata esigenza primaria». L'esatto contrario di quello che ha fatto il colosso Levi's che ha archiviato gli ultimi anni «come tra i peggiori della storia» e che, si dice, stia cominciando a prendere in considerazione l'idea di vendere al miglior offerente.
Estratto da Affari & Finanza del 26/01/04 a cura di Pambianconews