Reebok ha chiuso il primo trimestre 2002 con un calo dell'utile netto da 41 a 37 milioni di dollari. Si parla di un decremento del 2% del fatturato in Europa, nel contesto di una generale flessione delle vendite nette, da 770 a 736 milioni di dollari. I vertici della società americana, leader nel settore sportswear, imputano questa performance non brillante rispetto al primo trimestre 2001 principalmente a due fattori: innanzitutto al rafforzamento del dollaro rispetto alle valute degli altri Paesi e, in secondo luogo, alla battuta d'arresto della sussidiaria Rockport (calzature e abbigliamento) le cui vendite sono scivolate del 14%, passando da 101 milioni di dollari nel gennaio/marzo 2001 a 87 milioni nell'analogo periodo di quest'anno.
Su Rockport è in corso un piano di rilancio che parte da una nuova segmentazione del prodotto e dovrebbe portare a una ripresa già a partire dal secondo semestre 2002. Più incoraggiante la situazione della linea di abbigliamento e accessori Reebok, le cui vendite nel mondo si sono mantenute pressoché stabili, totalizzando 612 milioni di dollari. Se l'andamento negli Usa non desta preoccupazioni (il giro d'affari è in costante crescita e nel trimestre ha raggiunto i 319 milioni di dollari, più 2,4%), nel resto del mondo le cose non vanno altrettanto bene come dimostra la contrazione del 6,8% per un totale di 293 milioni di dollari.
Gli investimenti per il 2002 puntano, come precisa il presidente e amministratore delegato Paul Fireman, a un potenziamento della comunicazione Reebok già avviato nella prima parte dell'anno, quando gli investimenti in quest'ambito sono cresciuti del 50%. Fireman ritiene che la società, dopo un inizio anno in sordina ma fondamentalmente in linea con le aspettative, riuscirà a raggiungere il previsto obiettivo di un più 10-15% nell'utile netto prima della fine del 2002.