Abercrombie&Fitch conferma la fase di caduta libera, per quanto sembri aver azionato un parziale paracadute nell’ultimo trimestre che, pur negativo, ha superato le attese ancora più nere degli analisti.
Il gruppo statunitense, da tempo in difficoltà, ha reso noto di aver chiuso il 2013 con un crollo degli utili netti del 77% a 54,6 milioni di dollari (circa 39 milioni di euro), una cifra di molto inferiore rispetto ai 237 milioni (circa 173 milioni di euro) del 2012 e con vendite in calo dell’8,7% a 4,12 miliardi di dollari. Nel quarto trimestre il calo degli utili netti è stato del 58% a 66,1 milioni di dollari (pari a circa 48,2 milioni di euro), contro i 157,2 milioni (circa 114 milioni di euro) dello stesso periodo dell’esercizio precedente. La scivolata ha riguardato anche i ricavi trimestrali, scesi dell’11% a 1,47 miliardi di dollari.
Il consiglio di amministrazione della società ha approvato un piano di riacquisto di azioni proprie da 150 milioni di dollari, da mettere in atto nel primo trimestre e ha reso noto di aspettarsi per l’anno fiscale in corso risparmi per almeno 175 milioni grazie al taglio dei costi. Grazie al piano di buyback e alla trimestrale superiore alle stime, il titolo in Borsa ha chiuso ieri in rialzo dell’8,89 per cento.
Come evidenziato nell’articolo uscito sull’ultimo numero di Pambianco Magazine, il retailer a stelle e strisce sta vivendo un periodo di forti difficoltà che hanno messo a dieta il conto economico e hanno di fatto portato a una sorta di terremoto ai piani alti. Nel corso dell’ultimo mesi, infatti, il board ha ridotto parte del potere di Mike Jeffries, che è rimasto CEO del gruppo perdendo la carica di presidente, e ha abolito la cosiddetta poison pill.
Nel corso di una conference call seguita alla diramazione dei dati del 2013, Jeffries ha anticipato che il gruppo cambierà le proprie strategie in termini di distribuzione. “Mi sembra chiaro che dobbiamo ripensare il nostro modello retail”, ha detto Jeffries. “Questo include prendere in considerazione l’idea di vendere brand terzi all’interno dei nostri store e online, e a nostra volta distribuire i nostri prodotti anche al di fuori dei nostri negozi”.