Giovani, belle, inoffensive. Così vengono definite da Bof le ‘Kols‘ (key opinion leaders) o ‘wanghong‘ (celebrità online), le influencer cinesi dietro cui si cela un business da miliardi di dollari. E su cui puntano, da una parte, i brand occidentali che vogliono sfondare in Cina e, dall’altra, le agenzie cinesi stesse, alla perenne ricerca di giovani talenti da formare, e con cui condividere i profitti. Il viaggio della testata americana è ad Hangzohu, nel quartier generale di Ruhan, uno degli incubatori cinesi di influencer più famosi. Relativamente giovane (l’azienda, come si presenta oggi, è nata nel 2014), Ruhan ha però un passato, che non è andato perduto, da produttore di vestiti. Infatti, l’azienda, tutt’oggi, oltre a formare le stelle promesse del web, ne cura poi il lancio delle linee di vestiti che spopolano su piattaforme come Alibaba o Taobao.
Rispetto alle agenzie europee e americane, Ruhan offre una serie di servizi ben più ampi, mettendo a disposizione delle influencer (e dei loro fan) servizi di customer care, logistica, creazione di contenuto ed editing di foto. Oltre a investimenti ‘pesanti’: con Zhang Dayi, l’influencer di spicco in capo all’agenzia, si stima che l’investimento per fare crescere la sua audience sia compreso tra gli 800mila dollari e 1,6 milioni all’anno. Non c’è da stupirsi che la giovane abbia di conseguenza aumentato spropositatamente la propria fanbase, che ha raggiunto circa 4 milioni di follower. E abbia addirittura aperto uno store di abbigliamento su Taobao (rigorosamente prodotto e gestito in ogni aspetto da Ruhan), diventato uno dei più popolari.
Lo stesso meccanismo è stato messo in atto con decine di altre influencer, dai “buoni contenuti e dal forte appeal su altre donne”, attive nei più diversi settori, dalla moda al beauty: il valore delle ‘whanghong’, stando agli ultimi dati CnbData, arriverà a 18,3 miliardi di dollari entro la fine dell’anno, il doppio rispetto a soli due anni fa.
Il minimo comune denominatore? L’aspetto, in primis, che rispetta gli standard di bellezza cinesi, ma anche una certa attitudine alla ‘calma’, in un sistema censorio come quello cinese che non permette troppi colpi di testa.
Per le agenzie (Ruhan in primis, ma anche per diverse altre) è un bel business: la pratica è quella di firmare contratti da 5 anni, in cui si dividono i ricavi al 50% tra agenzia e influencer. Le aziende del lusso europeo, prima di arrivare alle ‘Kols’ devono passare da qui, o da altri incubatori affini.