Le aziende di orologeria che ricalibrano i quantitativi di produzione, i clienti italiani ed europei che ritornano in boutique e due nuovi driver di crescita, il mercato dell’usato e l’e-commerce, che catalizzano gli investimenti. La ripresa del settore dell’orologeria, vista dalla prospettiva dei principali rivenditori italiani, intervistati da Pambianco Magazine, evidenzia questi fattori. A ciò si aggiunge, guardando ai prossimi mesi, un generale ottimismo. Il 2016, si sa, ha fatto rivivere alle lancette elvetiche la crisi del quarzo degli anni Ottanta, con un export in flessione di quasi il 10 per cento. L’eccesso di produzione, effetto del calo della domanda da parte di alcune nazionalità chiave, come quella cinese, si è abbattuto sui rivenditori, complicando la gestione delle giacenze di magazzino e, talvolta, costringendo a politiche di sconto. Con il 2017 l’export del settore è tornato (più in fretta del previsto) al segno più (+2,7%), sbandierando un ritorno a una crescita sana, non più gonfiata dai mercati in espansione. “Il mercato è ripartito – ha spiegato a Pambianco Magazine Umberto Verga, presidente di Orologeria Luigi Verga- perché le aziende hanno capito che devono produrre meno. Dal 2014 al 2016 c’è stata una overproduction. Si pensava che il mercato asiatico fosse infinito e nei negozi arrivava troppo prodotto”. Verga ha chiuso il 2017 con un fatturato sostanzialmente stabile, ma “con margini migliori”, effetto di vendite che non hanno dovuto ricorrere a politiche di sconto. L’azienda può inoltre contare sul “successo crescente” del format Verga Luxury, dedicato ai segnatempo di secondo polso, che oggi vale circa il 10% del giro d’affari.
USATO E WEB AL CENTRO DELLE STRATEGIE
Il business legato al collezionismo e all’acquisto di cronografi usati è del resto al centro delle strategie di molti distributori che hanno saputo imporsi laddove i brand non operano in forma diretta. I principali watchmarkers di lusso, infatti, hanno finora evitato il commercio di seconda mano, inquadrandolo come rischio per l’esclusività del brand e temendo la cannibalizzazione delle vendite, cedendo così terreno ai rivenditori terzi (un terreno che oggi le aziende provano a riconquistare, come dimostra l’apertura alla compravendita di modelli premium usati in negozio da parte di Audemars Piguet). “Siamo attivi nella vendita di orologi di secondo polso – ha raccontato a Pambianco Magazine Giorgio Damiani, vice presidente del gruppo Damiani e AD di Rocca 1794 – e la crescita, in questo segmento, è oggi un nostro obiettivo primario. È un mercato interessante, sia per l’incremento del fatturato sia per l’ampliamento del network di clienti a collezionisti ed esperti del settore”. La catena di orologerie e gioellerie del gruppo Damiani ha chiuso “un ottimo 2017”, registrando un nuovo entusiasmo negli acquisti dei clienti italiani, che riscoprono i preziosi come investimento di lungo periodo. Il 2017 ha visto un ritorno della clientela italiana anche per Gobbi 1842, che ha chiuso i dodici mesi con un fatturato in crescita “single digit” a 9 milioni di euro. “Gli italiani – ha dichiarato Serena Pozzolini Gobbi, CEO dell’azienda – generano oggi il 40% del nostro fatturato. Tra le categorie di prodotto, invece, gli orologi rappresentano oltre il 50% dei ricavi”. La manager ha confermato la ripresa del settore, pur ammettendo che i brand distribuiti da Gobbi, i colossi Rolex e Patek Philippe, non hanno in realtà conosciuto crisi. Ad oggi la gioielleria di corso Vittorio Emanuele, a Milano, non è attiva nel ramo dell’usato: “È un mondo complesso – ha concluso Gobbi – in cui rischio di deludere il cliente è molto alto. La verifica della provenienza dell’orologio, del reale proprietario e di passate manutenzioni eseguite da concessionari autorizzati non sono procedimenti immediati”. Altrettanto complesso, come struttura e gestione, ma imprescindibile per la maggior parte degli intervistati è il canale dell’e-commerce. L’approdo sul web del settore è stato graduale. Secondo Chiara Pisa, direttore generale di Pisa Orologeria, i prezzi elevati e l’effettiva resa al polso dell’orologio prescelto sono state tra le principali ragioni di diffidenza. “Quasi tutti questi ostacoli – ha commentato la manager – sono stati superati e molti brand si stanno affacciando al commercio online. Quest’ultimo non andrà a sostituire il retail classico, ma diventerà un canale complementare, che permetterà al cliente di informarsi ed effettuare acquisti in autonomia e da remoto”. Nel 2017, Pisa Orologeria, che non è attiva nel segmento dell’usato, ha registrato un incremento del fatturato del 19,5 per cento. Nei prossimi mesi il gruppo inaugurerà una nuova boutique Vacheron Constantin. Oltre alla vendita, l’imprescindibilità del web tocca anche le attività di comunicazione, con l’obiettivo di coinvolgere e informare nuove generazioni di clienti. La cultura orologiera deve raggiungere i giovani, ha spiegato Carlo Bartorelli, alla guida dell’omonimo gruppo (il fatturato 2017 è pari a 40 milioni di euro), che conta insegne a Cortina, Forte dei Marmi, Milano Marittima, Pesaro e Riccione. “Il mercato del lusso è molto selettivo – ha concluso Bartorelli -, ma crediamo nelle potenzialità dell’e-commerce e del mercato degli orologi di secondo polso. Siamo già attivi su entrambi i fronti e ci stiamo strutturando per crescere ulteriormente in questo senso”.
di Giulia Sciola