Il campanello d’allarme è scattato lo scorso anno, quando gli organizzatori di Baselworld, la fiera internazionale dell’orologeria e della gioielleria di Basilea (Svizzera), hanno deciso di ridurre la durata dell’edizione 2018. Due giorni in meno e prezzi livellati, per fermare un’emorragia di espositori, che però non si è arrestata. Tanto da portare a interrogarsi sul futuro del salone. Pambianco Magazine lo ha fatto incontrando alcuni di quelli che sono stati protagonisti a Baselworld 2018. Ma cercando la testimonianza anche di chi ha fatto un passo indietro. Lo scorso marzo, Baselworld è andata in scena con poco meno di 700 brand, in forte calo dai 1.300 del 2017. “La fiera mantiene la sua rilevanza internazionale concentrandosi sulla qualità”, ha dichiarato in una nota ufficiale il Comitato degli espositori, provando a smorzare l’evidenza dei numeri. Questi ultimi stridono ancor di più se letti alla luce della ripresa del settore delle lancette elvetiche, il cui export, a febbraio 2018, è cresciuto del 12,6% annuo a 1,69 miliardi di franchi (1,44 miliardi di euro). Secondo stime di mercato, nell’intero 2018 la crescita dovrebbe confermare lo stesso ordine di grandezza del 2017, quando l’incremento era stato del 2,7 per cento. L’orologeria svizzera si riprende, mentre Baseworld 2018 perde brand, alcuni accasatisi a Ginevra, al Salon International de la Haute Horlogerie (Sihh) della galassia Richemont. Girard-Perregaux, Hermès, Eberhard & Co e Movado sono solo alcuni dei player che hanno ritirato la loro partecipazione, lamentando immobilismo. “Baselworld è stato in passato rappresentativa della filiera del settore – ha dichiarato Mario Peserico AD di Eberhard Italia -, ma questo aspetto sta scomparendo senza che venga sostituito da un nuovo progetto e, infatti, l’edizione 2018 ha visto l’abbandono di centinaia di espositori oltre a un evidente calo dei visitatori. Inoltre la fiera risponde a questa fuga di aziende giustificandola come ‘scelta nella direzione della qualità’, giustificazione risibile e non veritiera, senza muoversi nella direzione di un rinnovamento vero nei contenuti e nella comunicazione”.
FIERA PROMOSSA ‘CON RISERVA’
Tra gli aspetti che confermano la strategicità della presenza a Baselworld spicca, tuttavia, la capacità di far convergere in un unico contesto tutto il pubblico di riferimento di un marchio. Basilea, inoltre, è il luogo in cui si chiudono gli ordini più importanti. “Essere a Baselworld – ha dichiarato a Pambianco Magazine Francesca Ginocchio, AD di Swatch Group Italia – è un impegno e un investimento significativo per tutte le aziende. Ad oggi però per Swatch Group è importante esserci per la presentazione delle novità di prodotto e per la relazione diretta con i nostri rivenditori, con la stampa internazionale e con gli appassionati del settore”. In linea, anche le dichiarazioni di Patek Philippe e Hublot, seppur con un’importante differenza: se per la maison guidata da Claude Peny Baselworld è l’unico momento dell’anno in cui vengono presentate le novità di prodotto, il brand di Lvmh si divide fra Ginevra e Basilea. “In fiera – ha raccontato a Pambianco Magazine Augusto Capitanucci, regional director mediterranean countries di Hublot – riusciamo a incontrare tutti i clienti in un unico contesto, in cui Hublot non presenta solo le novità di prodotto, ma fa conoscere tutto il suo mondo. Certo, oggi il digitale è una vetrina molto interessante, ma un orologio di un certo valore è un prodotto che va toccato con mano e scelto alla luce di precise caratteristiche. Per questo è importante essere in fiera. Anche il prossimo anno Hublot parteciperà a entrambe le fiere svizzere del settore”. Per Zenith, anch’esso in orbita a Lvmh, Baselworld è ‘promossa con riserva’, chiamata a guardare di più al futuro, a tenere il passo dell’evoluzione dei modelli di business e a comunicare come un vero e proprio brand. Secondo Julien Tornare, CEO di Zenith, le maison che oggi espongono a Baselworld sono molto forti sul mercato, tanto da legittimare il primato della manifestazione nel settore orologiero. Puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità può rivelarsi una scelta vincente e a Baselworld la qualità non manca: i marchi più noti dell’orologeria, quelli “che fanno i volumi”, ma che sono anche aspirazionali, sono presenti. Tuttavia è tempo di ripensare gli spazi dedicati al consumatore finale, è tempo che Baselworld adotti un approccio più attuale, con un calendario di eventi collaterali. “Il nostro settore si evolve in fretta –ha spiegato il CEO-. La fiera dovrebbe essere più aperta al consumatore finale, che oggi può pagare il biglietto ed entrare, ma spesso non nei singoli stand, dove sono esposte le novità più importanti. Baselworld dovrebbe poi diventare un vero e proprio brand, come è accaduto per Art Basel. È fondamentale collaborare per rendere la fiera più affascinante, al pari di una fashion week”. Nessun rischio che il digitale cannibalizzi le fiere dell’orologeria, anche perchè per il setttore il canale resta più legato ad attività di storytelling che di vendita. Chi potrebbe approfittarne, se si guarda all’area gioeilli, è invece l’offerta di VicenzaOro, che lo scorso gennaio ha ospitato circa 1.500 brand. “Per Mattioli Baselworld è una fiera che funziona bene, lavoriamo molto – ha concluso Licia Mattioli, AD dell’azienda -. Certo, a livello generale, la manifestazione ha uno spirito diverso. E non è escluso che la fiera italiana di VicenzaOro possa approfittarne e crescere ulteriormente a livello europeo”.