In un 2016 dominato dalla crisi degli orologi svizzeri, il mercato italiano dei preziosi contiene i danni e registra un cauto ottimismo per la chiusura del 2017. Se il 2015 aveva mostrato un andamento ‘eccezionale’, con il settore dei preziosi percepito come bene rifugio e investimento di lungo periodo, il 2016 è stato l’anno della tenuta. Lo scorso anno il giro d’affari delle filiali dei principali gruppi della gioielleria è stato pari a 1,64 miliardi di euro, in crescita di poco più del 4%, ma in netto rallentamento rispetto al +18,9% messo a segno nel 2015. A inciampare, con poche eccezioni, sono state le divisioni italiane dei grandi nomi dell’orologeria svizzera (Rolex Italia -1,6%; Patek Philippe Italia -6,9%; The Swatch Group -13,9%; Audemars Piguet Italia -11,6%), mentre è andata in generale meglio ai puristi della gioelleria (su tutti il +51,6% del ‘fenomeno’ Pandora, che ha soffiato il secondo posto in classifica a Richemont) e a chi beneficia di un’offerta merceologia ampia.
Nello stesso periodo il fatturato dei principali rivenditori italiani di gioielli e orologi è sceso a 280,3 milioni di euro, in calo del 6,5 per cento. Pisa Orologeria, il gruppo Hausmann e Luigi Verga si confermano i player più importanti. Tra loro, tuttavia, solo Verga ha registrato una performance positiva (+14,2% a 37,7 milioni), complice l’incidenza crescente dei consumatori italiani.
È sostanzialmente stabile, infine, il fatturato 2016 delle principali aziende italiane (il dato totale segna un +0,5%), tra le quali solo Pomellato evidenzia una progressione double digit (+11,5 per cento). I cali più marcati sono quelli di Asolo Gold, a -28,2% per 80,5 milioni di euro, Marco Bicego, a -4,5% per 47,4 milioni, e Roberto Coin, a -4,7% per 46 milioni, mentre perde 0,5 punti percentuali il fatturato di Stroili Oro, rilevata dai francesi di Historie d’Or nell’estate 2016.
L’analisi completa sul 2016 di aziende e negozi italiani di preziosi è disponibile sul numero 12 di Pambianco Magazine, in uscita oggi.