L’assessore milanese con delega alla moda spiega il progetto con cui “il made in Italy si racconta alla città”. La sfida è diventare più internazionale. E “si svilupperà nei prossimi anni”.
Settembre 2017. In quella che è stata definita dagli addetti ai lavori la ‘super fashion week’, esordisce Milano XL – La festa della creatività italiana. Nel concreto, ci sono i saloni delle calzature e della pelletteria che si allineano alla settimana della moda donna (TheMicam e Mipel danno il via all’evento il 17 settembre, mentre dal 20 al 25 settembre i riflettori si spostano sulle sfilate P/E 2018) e una serie di installazioni tematiche che raccontano il made in Italy al grande pubblico. Per Milano l’occasione è ghiotta: la permanenza più lunga dei buyer stranieri vuol dire aumento dell’indotto, mentre lo storytelling del fashion system ai cittadini rende meno sbilanciato, seppur impari, il confronto con il Fuorisalone del mobile. “Non sono eventi paragonabili”, ha spiegato in questa intervista a Pambianco Magazine Cristina Tajani, Assessore con delega a moda e design, che però scommette sull’evoluzione del nuovo progetto.
Assessore, cosa dobbiamo aspettarci da Milano XL?
Il progetto Milano XL prende al via a stettembre 2017, ma è ovviamente destinato a svilupparsi ulteriormente nei prossimi anni. È un’iniziativa di sistema tra ministero dello Sviluppo economico e Comune di Milano, con Confindustria e Fondazione Altagamma che ne diventano in un certo senso i registi. L’aspetto più strutturale rigurada il lavoro fatto con le associazioni imprenditoriali, la Camera della Moda e il sistema delle fiere che ha portato ad un primo risultato: l’avvicinamento, in un arco temporale più limitato e pari a circa dieci giorni, delle sfilate e delle principali fiere di setore. L’idea è che i buyer e gli operatori dei media possano trattenersi a Milano e partecipare a diversi momenti espositivi per avere una visione completa della filiera. Come istituzione, noi siamo facilitatori dell’incoming di compratori dall’estero, facciamo da collante di comunicazione tra i diversi enti coinvolti. C’è poi anche una parte del progetto, rivolta al grande pubblico, che prevede un racconto artistico del made in Italy in luoghi diversi della città. Gli spazi sono spazi pubblici e di passaggio, anche come risposta all’invito fatto dal sindaco Giuseppe Sala per una maggiore apertura del fashion ai cittadini milanesi e tutti coloro che arrivano qui. La scelta nazionale di investire su Milano ci ha messi al lavoro dal punto di vista operativo e logistico. Non vogliamo portare le sfilate in città, ma il made in Italy in città.
Cosa vuol dire che Altagamma ha la regia di questo evento? D’altro canto la Camera della Moda sembra più defilata…
Altagamma è l’associazione che riunisce il made in Italy. Regia non vuol dire gestione, perché si tratta di un progetto condiviso dove tutti gli enti hanno un ruolo paritario, seppur diverso per diversità di mandato. La Camera della Moda è ovviamente tra i protagonisti, così come le fiere, ognuna con il suo pubblico.
Lei dice che il progetto è solo all’inizio. Si poteva fare di più in questi mesi? Ha individuto degli obiettivi al momento non raggiunti?
La condivisione di macrobiettivi, come la spinta di Milano a una maggiore internazionalità, e la capacità di fare sistema sono ad oggi un risultato importante. Il progetto poi si evolverà. A febbraio sarà la volta di una grande mostra a Palazzo Reale: Italiana – L’Italia vista dalla moda 1971-2001 aprirà in concomitanza con la Milano fashion week e sarà attiva fino al 6 maggio. Se il comune non credesse nell’importanza e nell’evoluzione di un progetto come Milano XL non avrebbe messo a disposizione uno spazio così importante. A febbraio, poi, si intensificherà anche la sinergia con Pitti Immagine.
Quali sono le aspettative in termini di indotto?
L’obiettivo è in realtà duplice. Da una parte si guarda al sistema economico puntando, soprattutto da parte del Mise e dell’agenzia Ice, a incrementare il numero di buyer e visitatori. Per noi questo è vantaggioso perché i buyer sono anche fruitori della città, e una permanenza più lunga e concentrata si tradurrà verosimilmente in un aumento dell’indotto, che oggi per la settimana della moda donna di settembre è tra i 48 e i 50 milioni di euro. C’è poi un obiettivo culturale, ovvero quello di spiegare cosa c’è dietro il prodotto finito, con un’attenzione particolare al lato ideativo e produttivo, che accende i riuflettori su tutti gli attori del settore, dai gioielli alle calzature, dall’abbigliamento all’eyewear.
Ci avviciniamo a un Fuorisalone delle feashion week quindi?
Settimane della moda e Fuorisalone sono mondi diversi, con esigenze e pubblici differenti. Non sono eventi paragonabili. Questa svolta di sistema però avra effetti, in termini di business, culturali e di storytelling, simili a quelli del Fuorisalone.
Con settembre ci saranno estensioni per il Protocollo di intesa tra Comune e Cnmi?
No, non ci sono novità in questo senso. Confermiamo la gratuità della Sala delle Cariatidi per gli stilisti esordienti e il supporto comunicativo del Comune di Milano legato agli eventi.
di Giulia Sciola