Pitti Immagine Uomo riflette sulla possibilità di rivoluzionare i propri calendari. Si tratta di una discussione ciclica, ma sempre più centrale nelle strategie di aziende e organizzatori di fiere e passerelle, soprattutto alla luce dei grandi cambiamenti che le sfilate co-ed hanno apportato agli schedule. Ma se il dibattito infiamma da tempo su Milano, è la prima volta che i vertici di Pitti Immagine affrontano l’argomento di un tale cambio strutturale.
A ipotizzare di rimescolare le date della fiera è stato lo stesso amministratore delegato di Pitti Raffaello Napoleone. Il manager, come riportato dal Corriere Fiorentino, ha parlato a margine di un evento che si è tenuto lo scorso 15 giugno a Firenze, lanciando un messaggio piuttosto chiaro. “Un tempo Pitti si svolgeva a settembre e a febbraio, mentre ora siamo fissi a gennaio e giugno. Forse serve un aggiornamento».
La dichiarazione arriva dopo che i dati di chiusura dell’ultima edizione hanno rivelato qualche punto debole nella manifestazione. In particolare, a fronte di un’affluenza stabile di buyer esteri, per un totale di oltre 19mila compratori (erano stati 20.500 quelli registrati un anno fa, circa l’8% in più, per un’edizione da record), Pitti Uomo 92 ha incassato un calo tra l’8% e il 9% dei buyer italiani.
“Sul dato italiano ha influito non poco il massiccio sciopero dei trasporti. Un vero peccato”, ha dichiarato Napoleone. “In questi anni, per il mercato italiano, l’altalena è stata più marcata, ma il dato da segnalare è che le presenze di dieci anni fa sono pressoché le stesse di adesso. Come giudicare questi risultati? Dobbiamo pensare a cosa è successo alla nostra distribuzione: il retail classico si è molto ristretto, i consumi interni sono rimasti stazionari… un compratore di una grande piattaforma digitale acquista molto di più di ciò che può essere ordinato da una piccola boutique, sia pure di qualità”. Sul fronte estero, i migliori risultati sono stati messi a segno da Giappone, Spagna, Stati Uniti, Corea del Sud, Russia, Nord ed Est Europa.
Finora, per la fiera fiorentina, il dibattito sulle date aveva tenuto banco soprattutto sull’edizione di gennaio, tanto da ufficializzare, nel 2014, in accordo con la Camera della moda italiana e con la Chambre syndicale de la mode masculine, uno slittamento di una settimana per evitare la sovrapposizione con la coda delle festività natalizie e con l’inizio dei saldi in Italia. Ma è la prima volta che si parla, seppure in modo non ufficiale, di un ricollocamento verso un altro timing dell’anno, quello tradizionalmente dedicato alle collezioni donna. Del resto, osservando i calendari delle sfilate di questa stagione, la strategia di unificare gli show scelta da molte griffe (in primis Gucci, Missoni, Bottega Veneta a Milano, ma anche Calvin Klein e Coach a New York e Burberry a Londra) ha di fatto impoverito gli schedule di gennaio e giugno e rafforzato quelli di febbraio e settembre.
Nel campo delle ipotesi, uno slittamento in avanti di Pitti Uomo stravolgerebbe il delicato incastro tra le fashion week, oltre a rompere il tradizionale passaggio di testimone con Milano. Un’alleanza che sia la Camera sia Pitti Immagine, sostenuti anche dall’ex viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda e dall’attuale sottosegretario Ivan Scalfarotto, avevano celebrato definendo le due manifestazioni come una vera e propria settimana italiana dell’uomo. Inoltre, andrebbe anche contro alle spinte di diversi soci della Cnmi, che premono sulla possibilità di anticipare Milano moda donna di settembre a giugno o a luglio. Un’ipotesi finora rimasta a rumour e bisbigli, e che anche il presidente Carlo Capasa, in più occasioni, ha dichiarato essere allo studio, ma difficile da praticare in accordo con le altri capitali della moda.