L’Italia riprova a creare un proprio marchio per tutelare le eccellenze del made in Italy all’estero. Al lavoro, questa volta, c’è il ministero dello Sviluppo economico, insieme ai rappresentanti di Confindustria e delle associazioni del mondo produttivo. Obiettivo: dare vita a una etichetta distintiva per identificare i prodotti made in Italy sui mercati esteri, dalla gastronomia ai gioielli, moda e altro, difendendoli dai “cloni” italian sounding.
Il marchio, di matrice volontaria, dovrebbe applicarsi sulle merci esportate al di fuori dell’Unione europea e conterrebbe indicazioni sull’origine delle merci, nel caso in cui vengano prodotte in Italia. Secondo quanto confermato da Smi-Sistema moda Italia a Pambianconews, il progetto è attualmente in fase in studio e le eventuali tempistiche di realizzazione non sono certe, soprattutto perché tenta di mettere assieme diversi settori merceologici.
I rischi sulla sua effettiva messa a punto non sono però pochi. Già nel 2010 c’era stato un tentativo di “istituzionalizzazione” del made in Italy con la legge Reguzzoni-Versace che introduceva l’etichettatura obbligatoria e la tracciabilità dei prodotti tessili, della calzatura e della pelletteria. Dopo aver ricevuto l’ok della Camera, il testo si era però subito arenato, senza ottenere i decreti attuativi, perché incompatibile con il diritto comunitario.