Esercizio fiscale in calo per Hugo Boss che archivia il 2016 con vendite per 2,69 miliardi di euro, in flessione del 4% rispetto ai 2,81 miliardi del 2015. In peggioramento anche il margine operativo lordo, sceso a 493 milioni di euro dai 594 milioni del 2015 (la marginalità in rapporto ai ricavi ha così perso terreno, scivolando al 18,3% dal 21,2% del 2015), mentre l’utile netto è stato pari a 193,6 milioni di euro, in discesa del 39 per cento.
A livello dei singoli Paesi, le vendite nelle Americhe sono diminuite del 12% (dato che riflette anche il ridimensionamento del network wholesale negli Usa), mentre in Europa, che resta il maggiore mercato con 1,66 miliardi di euro di giro d’affari, la flessione è stata dell’1% (nel Regno Unito la svalutazione della sterlina ha contribuito a una crescita ‘high-single-digit’ dei ricavi, mentre Germania e Francia hanno registrato trend negativi). A -2,9%, infine, l’Asia-Pacific.
Quanto al 2017, il management prevede vendite stabili a cambi costanti, con un leggero incremento in Asia, trainata dalla Cina (che nel quarto trimestre d’esercizio, a perimetro costante, a registrato vendite in crescita del 20 per cento). L’ebitda ante imposte dovrebbe registrare una performance tra il -3 e il +3% sull’anno precedente.
Al via la revisione del portfolio marchi, con le etichette Boss Orange e Boss Green che non saranno più portate avanti come marchi separati, ma confluiranno nel core brand Boss, una revisione della distribuzione e un potenziamento dell’e-commerce. “Online e store fisici devono lavorare in totale sinergia”, ha dichiarato a Reuters il sales chief di Hugo Boss, Bernd Hake. L’azienda dovrebbe lanciare i primi servizi “click and collect” nei propri punti vendita europei entro la fine del 2017.
Il titolo di Hugo Boss ha chiuso la seduta di ieri a Francoforte in progressione dell’1,5 per cento a 67,68 euro.