Nell’era del see now-buy now, le sfilate si confermano evento per addetti ai lavori. Al via iniziative culturali in città, ma il Fuorisalone del lusso resta una chimera.
“Alla moda chiedo e propongo di essere quanto più aperta e inclusiva possibile, di diventare un momento di attrazione per tutti”. Le parole di Beppe Sala, sindaco di Milano, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione di Milano Moda Donna sono un chiaro appunto al fashion system, ancora lontano, nonostante i proclami degli ultimi anni, dalla sinergia con il tessuto cittadino. Il confronto è chiaramente con il Fuorisalone del design, vero e proprio evento collettivo che, nel mese di aprile, in concomitanza con il Salone del Mobile, coinvolge i milanesi e visitatori da tutto il mondo con un calendario di appuntamenti aperti, in ugual modo, al pubblico e agli addetti ai lavori. Ma la moda può essere “open”? Lusso e inclusività possono andare di pari passo? Il dialogo tra il Comune di Milano e gli attori del sistema, in primis la Camera Nazionale della Moda Italiana, è avviato, ma i progetti faticano a prendere una forma precisa, memori forse della deriva del contenitore Milano Loves Fashion, le cui iniziative non sono andate oltre il triennio 2009-2011.
SFILATE SOTTO ESAME
La democratizzazione delle sfilate è stata uno dei temi al vaglio del Cfda-Council of fashion designers of America che, a fine 2015, ha messo in dubbio i pilastri del sistema moda, suggerendo l’opportunità, da un lato, di presentazioni semestrali dedicate agli addetti ai lavori e di collezioni ready-to-buy, dall’altro, di fashion show aperti al grande pubblico, programmati a ridosso dell’arrivo delle linee sul mercato. Sfilate come evento di marketing, ma anche come occasione per avvicinare aziende e cosumatori. A una stagione di distanza però, se il ready to buy ha cominciato ad imporsi sulle strategie delle griffe (salienti i casi Tom Ford, Michael Kors, Tommy Hilfiger e Ralph Lauren), non sembra esserci una formula universale per una maggiore inclusione del pubblico, con iniziative diverse a New York, Londra, Milano e Parigi, che raramente prevedono l’accesso ai défilé per chi non abbia un invito.
INIZIATIVE NELLE DIVERSE CITTÀ
Nel Regno Unito le sfilate dedicate alla P/E donna 2017 sono state trasmesse in diretta da oltre 60 maxi schermi distribuiti tra Londra, Birmingham, Bristol, Edimburgo, Glasgow, Leeds, Liverpool, Manchester e Newcastle, grazie alla partnership, attiva dallo scorso febbraio, tra il Bfc- British fashion council e la media company Ocean Outdoor, che ha reso fruibili i défilé a oltre 35 milioni di consumatori. A New York, l’apertura al pubblico passa attraverso siti come Ftl Moda, Queen Bee, TicketSupply e Millionaire’s Concierge che vendono biglietti per l’ingresso alle sfilate o indirizzano a eventi gratuiti presso negozi di abbigliamento e saloni di bellezza. A Parigi, nel 2015, con lo slogan “La mode aime Paris”, il primo cittadino Anne Hidalgo ha dato il via a un progetto strategico a sostegno del fashion system, annunciando lo stanziamento di 60 milioni di euro, in gran parte a beneficio delle Écoles de création Boulle, Estienne e Duperré, e delle attività di ristrutturazione del Palais Galliera, il museo della moda della città. Nessuna apertura delle sfilate al pubblico generico, ma iniziative di promozione culturale, in grado di valorizzare le migliori realtà del sistema. è quello che accade anche a Milano, che così conferma di trovarsi più vicino a Parigi che non all’asse anglosassone, con l’edizione apena conclusa di Milano Moda Donna che prova a compensare l’esclusività delle sfilate con la mostra gratuita “Crafting the future-Storie di artigianalità e innovazione”, cui affida il racconto delle eccellenze al grande pubblico. Prove generali di sfilata aperta, al momento, solo per i saloni Milano Unica, con il progetto On Stage dedicato ai talenti emergenti, e White, che lo scorso febbraio ha portato le modelle in Piazza Duomo per il guest brand Yoanix.
LA DEMOCRAZIA RESTA ‘SOLO’ SOCIAL
Milano che, con il Fuorisalone del desgin per prima ha trovato la formula vicente di simbiosi con la città, non riesce dunque a replicare il modello per il lusso. Per maison ed enti di settore l’apertura concreta, per quanto virtuale, si limita infatti ai social, con la Camera Nazionale della Moda che, oltre alle collaborazioni già attive con Twitter e gli account Facebook, Instagram e Pinterest, ha lanciato, in occasione delle sfilate p/e 2017 il proprio profilo Snapchat, in linea con quanto avviato dal Cfda già la scorsa stagione. Secondo i dati Blogmeter, l’ultima edizione della fashion week ha generato oltre 40 milioni di interazioni sui social network, con Instagram e Twitter che si confermano piattaforme di riferimento.
di Giulia Sciola