Ci sono due date evidenziate (in blu) nel calendario del jazz milanese. La prima è il 19 marzo 2003. Quella sera, davanti al civico 37 di via Borsieri, cuore del quartiere Isola, c’è una coda di persone in abiti elegantissimi che tengono in mano un invito ambìto, quello per assistere al concerto del grande jazzista statunitense Chick Corea. Il palco non è quello di un locale qualunque, ma del Blue Note che proprio quella sera inaugura il suo club meneghino sulla falsariga dell’omonimo e antesignano locale al Greenwich Village di New York fondato nel 1981 e tuttora gestito dalla famiglia Bensusan. Per la Milano di 11 anni fa, il Blue Note è una novità: un brand del jazz a stelle e strisce sbarca con due concerti a sera (alle ore 21 e alle 23 come prevede la tipica formula del locale americano) abbinati alla cena o a un drink, accendendo la scena by night di un quartiere che, da lì a poco, sarebbe diventato tra i luoghi più trendy della città.
L’idea di portare il “tempio del jazz” newyorchese a Milano è venuta a Paolo Colucci, avvocato d’affari appassionato di musica che a metà degli anni 80, per lavoro nella Grande Mela, inizia a frequentare il Blue Note. Complice la magia del luogo, galeotta fu la serata in cui si esibiva il trombettista Dizzy Gillespie, e, da lì, la scintilla per un sogno tenuto nel cassetto per circa vent’anni e che grazie all’amico Giovanni Lega e a una cordata di soci, è diventato realtà materializzandosi per la prima volta in Europa. E sorpassando addirittura la titubanza iniziale dei proprietari americani del brand.
Uno spazio di mille metri quadri, disposti su tre livelli, e 300 posti a sedere. La caratteristica principale del locale, oltre all’acustica perfetta, è che gli artisti sono a un passo dal pubblico, così da respirare solo quelle che in gergo vengono chiamate “good vibrations”.
In termini di offerta musicale, il Blue Note propone il meglio della scena jazz internazionale (per un artista calcare la scena di quell palco rappresenta la consacrazione del suo talento) aprendosi anche alle contaminazioni, al contemporary jazz, al blues, al rhythm and blues, al latin e brasilian e al pop fino alla musica italiana d’autore, senza dimenticare però anche i giovani talenti. Inoltre il locale porta avanti una collaborazione con Radio Montecarlo: una volta a settimana, infatti, Nick the Nightfly, storico dj e direttore artistico del Blue Note, conduce la sua trasmissione in diretta proprio dal jazz club di via Borsieri.
Blue Note Milano, realtà da circa 3,8 milioni di ricavi e 35 dipendenti, ogni anno ospita in media circa 300 spettacoli che, secondo la Siae, rappresentano un quarto del fatturato dei concerti jazz prodotti in Italia.
E dai conti monetari si arriva alla seconda data segnata nella storia del jazz milanese (e non solo). Quella del 22 luglio 2014. Martedì scorso, infatti, il jazz club milanese ha scelto di passare dal mondo della musica a quello della finanza sbarcando in Piazza Affari. È il primo caso al mondo in cui un locale di musica dal vivo si quota. Le azioni di Blue Note Milano, dal 22 luglio, appunto, sono negoziate sull’Aim Italia, mercato alternativo per la quotazione delle Pmi. ”Siamo la società più piccola del listino – ha detto Colucci – ma anche quella che si fa più sentire”. ll Blue Note fa capo a Paolo Colucci (49%), Giovanni Lega (15%), Marco Costaguta (10%) e con loro una serie di altri piccoli azionisti.
Una curiosità: “blue note”, oltre a essere il nome di una storica e tra le più importanti etichette discografiche jazz, è anche il nome della nota musicale dall’inflessione un po’ nostalgica che si trova nel blues e nel jazz.
Altro che malinconia, la cerimonia del suono della campanella, che ha segnato il debutto in Borsa, è stato accompagnato da una parata dei musicisti del jazz club con trombe, sax e percussioni che hanno improvvisato un concerto open air proprio davanti a Palazzo Mezzanotte.