Il Made in vince la sua battaglia a Strasburgo ottenendo, contro le previsioni negative degli ultimi giorni, il sì dell’Europarlamento. La sessione plenaria, l’ultima prima della fine della legislatura, ha approvato ieri sera con 485 voti a favore, 130 contrari e 27 astensioni la proposta Tajani-Borg sulla direttiva per la sicurezza dei consumatori che prevede l’etichettatura obbligatoria per tutti i prodotti venduti nell’Ue con l’eccezione delle categorie alimentari e dei medicinali. Secondo la proposta approvata, i produttori Ue potrebbero scegliere se mettere sull’etichetta la dicitura “Made in Eu” oppure il nome del loro Paese. Il prossimo passo sarà il Consiglio Ue per l’approvazione definitiva del testo, un passo difficile perché proprio all’interno dell’organo comunitario si svolge da tempo il braccio di ferro tra nord e sud Europa.
“Il Parlamento europeo – ha dichiarato a caldo Cristiana Muscardini, europarlamentare da tempo impegnata nella battaglia per l’etichettatura obbligatoria – vota a favore del Regolamento per la Sicurezza dei prodotti al consumo, incluso il suo capitolo 7 sull’obbligatorietà del marchio ‘Made In’, e boccia il Consiglio che da anni ha cercato di bloccare l’attuazione di norme e di regole a garanzia della sicurezza dei consumatori europei e della corretta concorrenza sul mercato”. “Ci affidiamo ora – prosegue – alla Presidenza italiana che nel suo semestre di Presidenza dovrà finalmente portare a un voto favorevole in Consiglio perché i diritti dei consumatori e dei produttori siano riconosciuti”. “Questo grande risultato, che sorprende nei numeri, non potrà non esercitare una forte pressione sul consiglio europeo dei ministri, che dovrà esprimersi su questa norma proprio durante il semestre di presidenza italiana che inizierà il prossimo luglio”, ha aggiunto Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici, l’associazione che riunisce gran parte dei produttori italiani di calzature.
Che la strada del Made in sia ancora in salita lo testimonia anche la prova di forza della Germania nel corso della discussione del testo a Strasburgo. E’ stato infatti presentato un emendamento, respinto a larga maggioranza, che intendeva cancellare dal testo della proposta Tajani-Borg sulla direttiva per la ‘sicurezza dei consumatori’ proprio l’articolo 7, ovvero quello che si riferisce all’obbligatorietà dell’indicazione di origine nei prodotti destinati al consumo.