Nel lungo tunnel del riassetto di Zucchi comincia a vedersi qualche luce, nonostante sia ancora lunga la strada per il risanamento e il rilancio in veste di marchio innovativo di Home fashion. Il gruppo di biancheria per la casa ha chiuso il 2012 con un ricavi a 159 milioni di euro, in diminuzione del 14% rispetto ai 184,9 milioni di euro dell’esercizio precedente, ma con un buon andamento nel secondo semestre dell’anno dove la crescita delle vendite è stata di 21,7 milioni di euro rispetto al primo semestre. Sul fronte finanziario migliorano le altre voci. Il margine delle attività operative registra un dato negativo di 8 milioni di euro, ma, comunque, grazie al piano di riduzione di costi di struttura e di vendita, in miglioramento rispetto al dato, sempre negativo, di 10,9 milioni di euro dell’esercizio 2011. Il risultato d’esercizio è negativo per 10,6 milioni di euro rispetto alla perdita netta totale di 16,7 milioni di euro del 2011.
In generale, sul fronte delle vendite, il gruppo ha segnalato un incremento dei ricavi provenienti dal canale dei punti vendita diretti e sull’export diretto dei brand Zucchi e Bassetti a fronte invece del calo dei canali ingrosso e dettaglio. Così il gruppo, in occasione della chiusura dell’esercizio fiscale 2012, ha lanciato un piano di risanamento di oltre 28 milioni di euro di investimenti in cinque anni articolato su altrettanti pilastri: “Stampa digitale, efficienza industriale e logistica, internazionalizzazione mirata, rafforzamento della presenza retail e ritorno alla comunicazione con una preferenza per quella su piattaforme digitali. Tale piano – si legge nella nota di Zucchi – è volto a trasformare la Capogruppo da azienda industriale domestica, operante nel settore della biancheria per la casa tradizionale, a leader internazionale, nei segmenti Home Fashion e Home Innovation”. Si tratta di una nuova iniezione di liquidità che segue il recente accordo di ricapitalizzazione per 20 milioni di euro firmato a marzo e un accordo di ristrutturazione del debito, attualmente in fase di omologa, che prevede, tra l’altro, la conversione di circa 15 milioni di euro in capitale.