Le ricette delle griffe che continuano a crescere. I casi di Cucinelli, NeroGiardini, Furla e Carpisa. Prodotti, fattore umano e negozi: ecco la chiave del successo
La moda oltre la crisi, ovvero i sommersi e i salvati. Imprenditori di quel made in Italy che comprende tessile, abbigliamento, calzature, pelletteria, gioielli e occhiali, banchieri e analisti si sono riuniti ieri a Milano chiamati da Pambianco Strategie di Impresa e Intesa Sanpaolo per discutere di situazioni e prospettive della moda italiana nel nuovo scenario di mercato.
Dopo le cifre crudeli che disegnano la dura realtà in cui il settore si trova a competere, illustrate da Carlo Pambianco e da Gregorio De Felice, di Intesa Sanpaolo (-6,8% il fatturato del sistema moda nel primo semestre 2009 con punte del -22% nel tessile), i salvati sono saliti sul palco a raccontare come invece loro ce l'hanno fatta, anche nel 2009, a rimanere positivi sui mercati mondiali.
«Un anno fa ho riunito i miei 456 dipendenti e ho detto loro che non avrei licenziato nessuno perché loro sono la mia azienda», ha detto Brunello Cucinelli, titolare dell'azienda che a Solomeo in Umbria produce maglieria e accessori di alta moda in cashmere fatturando 144 milioni di euro. «In cambio però vi chiedo di essere ancora più creativi, ancora più bravi e di migliorare le collezioni. Poi ho scritto una lettera ai clienti e li ho rassicurati confermandogli la mia vicinanza in un momento difficile per tutti. E ho cominciato a mandare alle banche ogni mese la documentazione sul nostro andamento come fossimo una società quotata e ho confermato tutti gli investimenti in pubblicità che come sempre sono pari al 5% del fatturato».Il fattore umano, dunque, al centro della strategia aziendale. Una scelta confermata anche da Enrico Bracalente, titolare del Gruppo NeroGiardini, azienda che si mossa in anticipo rispetto alla crisi, ricavando concreti vantaggi competitivi investendo sia nel prodotto che, appunto, in risorse umane. «Siamo intervenuti all'inizio del 2008 alle prime avvisaglie di crisi con una decisa attività di formazione e riorganizzazione aziendale soprattutto tesa al rafforzamento della funzione commerciale nella quale abbiamo inserito centinaia di nuovi venditori, giovani neolaureati, creando una nostra rete di vendita. Quindi non solo abbiamo mantenuto la nostra forza lavoro, ma l'abbiamo aumentata e oggi contiamo nelle 21 aziende del gruppo oltre 2 mila dipendenti. Anche noi abbiamo continuato a spendere in pubblicità e siamo sicuri che da questa crisi usciremo rafforzati».
Punti vendita e prodotto sono invece gli elementi sui quali ha sempre puntato l'azienda rivelazione del settore borse e valigie, la napoletana Carpisa, che è passata in nove anni da zero a 100 milioni continuando ad assumere dipendenti. Distribuzione in proprio, investimenti in nuovi negozi, e sperimentazione di nuovi mezzi digitali per la comunicazione e il business sono i punti di forza della strategia di Patrizia Pepe che nel 2009 ha continuato a espandersi e lanciare nuove linee di prodotto. «Consideriamo il web e i social network una nuova strada da percorrere per aumentare il nostro business a livello globale», ha affermato Paolo Fontanelli di Furla, «Per sviluppare il nostro negozio online non ci siamo affidati a nessun provider, ma abbiamo fatto da soli e oggi il nostro showroom virtuale fattura quanto un normale negozio Furla nel mondo, dove però entra un 10% in più di uomini. Non abbiamo tagliato il budget di comunicazione, ma cambiato il mix travasando su internet quello che abbiamo tolto alla carta stampata».
Nuove acquisizioni di brand per il gruppo italo-giapponese Gibò che ha aggiunto il marchio Rochas al suo portafoglio, e uno sguardo puntato sulla Cina quale nuovo grande mercato. Più attenzione al cliente e più relazioni con i consumatori, infine è la ricetta di Liu-Jo che ha chiuso il 2008 a quota 195 milioni, 14 più del 2007 e conta di crescere ancora nel 2009. «Puntiamo sui social network per dialogare e interagire con i clienti, dando risposte il più possibile veloci alle loro esigenze». ha detto Marco Marchi fondatore con il fratello dell'azienda di Carpi che occupa 200 dipendenti e si sta espandendo in Asia con una società ad Hong Kong e nuovi negozi in Cina. «Nonostante tutto per quest'anno sono piuttosto ottimista».
Ma non per tutti è andata così. Secondo la ricerca presentata da Pambianco su un campione di 525 aziende del settore il fatturato che nel 2007 era cresciuto di quasi il 9% nel 2008 era salito solo del +1%. Ad andare peggio sono stati i gioielli che hanno perso quasi il 18% passando dal +11 del 2007 al -6,7 dello scorso anno. Stessa tendenza per il tessile. Ma il trend negativo emerge dai dati relativi ai primi 25 gruppi italiani della moda che nel primo semestre 2009 hanno perso il 6,8% del fatturato mentre i primi 75 gruppi esteri sono rimasti stabili. In particolare, un chiaro segnale per il made in Italy, a tenere meglio sono stati i big della moda a basso costo, cioè Zara e H&M. «Quello che emerge dalla rilevazione e dalle interviste che ho condotto personalmente su un campione di 33 aziende italiane è che molte aziende si sono fatte trovare impreparate dalla crisi», ha sottolineato Carlo Pambianco, «tutte hanno intrapreso forti progetti di riorganizzazione, ma molte sono ancora sottocapitalizzate e indebitate in modo pericoloso. La maggior parte hanno investito nell'innovazione di prodotto che vedono come il driver per lo sviluppo, aumentato il numero di uscite con mini-collezioni, lanciato prodotti entry prices, aperto siti e-commerce e continuato a investire in pubblicità anche se con un budget ridotto del 26%. La buona notizia è che nessuna delle aziende intervistate considera la delocalizzazione una scelta strategica».
Estratto da: Italia Oggi del 4-10-09, a cura di Pambianconews
LA MODA OLTRE LA CRISI: Convegno Pambianco e Intesa Sanpaolo. Le relazioni integrali del Dr. Gregorio de Felice (Chief economist Intesa Sanpaolo) e Carlo Pambianco (Presidente di Pambianco Strategie di Impresa) sono scaricabili cliccando qui