Per il Made in Italy d�eccellenza sarebbe un vero guaio se si inaridisse quella “vena” che ha regalato al nostro paese i più grandi stilisti del mondo. Lo sostiene nel suo “I signori dello stile” un esperto, Carlo Pambianco.
In un mercato globale, totalmente cambiato rispetto agli “Anni 70” c�è bisogno di giovani: qualcuno è già arrivato alla ribalta, altri sono pronti al grande salto. Intanto nasce il problema di come porsi davanti alla crisi: meno esagerazioni, sì al lusso ma attenzione al prezzo.
Adesso un mito del cinema come Dustin Hoffman, ha scelto cravatte italiane, del designer bresciano Luca Roda, come regalo per il neo presidente Usa, Barack Obama. Cravatte in seta a piccoli disegni, rigorosamente fatte a mano, con le iniziali B. O. ricamate, che Dustin Hoffman aveva adottato nel 2007 sul set del film “Mister Magorium e la bottega delle meraviglie”, dopo averle scoperte per caso in una boutique di Toronto in Canada. L�attore, da sempre estimatore della moda italiana, le ha giudicate il regalo giusto al suo presidente, da fervente “democrat” qual è. Così ha telefonato a Roda e ha commissionato il dono.
Se questa è cronaca di oggi, la storia del “made in Italy”, delle griffe dell�Alta Moda e del “pap”, il prêt-à-porter d�autore, che sta facendo i conti con la crisi economica incalzante, parte da lontano, dall�inizio degli anni Settanta, che lanciano l�eleganza inventata dagli stilisti ancora non consacrati, che vedono l�Italia portare e vincere la sfida con la Francia. In quei primi anni Settanta, il boom economico alimenta l�esplosione dei consumi voluttuari, molte aziende del settore moda, magari medie o piccole, capiscono che è arrivato il momento di muoversi per far conoscere i loro prodotti. E si affidano al rappresentante, uno che macina decine di migliaia di chilometri in autostrada portando con sé il campionario dei prodotti. E� il rappresentante, la prima figura simbolo, il primo passo per lo sviluppo di un fenomeno tutto italiano qual è la nascita di negozi multimarca. E� ancora il rappresentante a capire che non basta solo far vedere l�abito o il cappotto, bisogna dimostrare come veste, come sta addosso. E allora fa salire a bordo della sua auto carica di vestiti, due signorine, due indossatrici, ragazze che girano con lui l�Italia. Sono le antenate delle top model che, con il boom delle griffe d�Alta Moda, negli Anni Novanta, arrivano a essere capricciose, ricchissime, protagoniste.
Il passo successivo, è l�idea di creare uno spazio dove invitare i negozianti esigenti e mostrare loro i prodotti. Questi spazi diventeranno, un po� di anni e molti successi dopo, gli showroom della moda. Lo racconta nel suo “I signori dello stile” (Sperling & Kupfer, editori, 20 euro), Carlo Pambianco, titolare di una delle più importanti società di consulenza che assistono gli imprenditori della moda e del lusso. E� lui a spiegare che, nel Terzo Millennio travolto dallo tsunami di una crisi economico e finanziaria senza precedenti, il rischio più grande per il “made in Italy” delle eccellenze sta nell�esaurirsi dei talenti. Come se “re” Giorgio Armani e Dolce e Gabbana, con l�aggiunta di Roberto Cavalli, spiega Pambianco, fossero l�alfa e l�omega di un mondo che alla creatività, all�ingegno, all�abilità manifatturiera italiana, deve tutto. In più ai giovani talenti manca lo spazio adeguato perché si possano muovere, e tentare di toccare le vette dei grandi di oggi e di ieri, da Valentino a Gucci, da Prada a Missoni.
E se, ai primi Anni Cinquanta, una giovane insegnante, come Mariuccia Mandelli sceglie il nome di un personaggio dei Dialoghi di Platone, Krizia, per tentare l�avventura nella moda, se la sfida alla Francia dell�haute couture parte da Valentino che vive e respira l�aria di Parigi per sette anni prima di tornare in Italia e aprire, è il 1957, un atelier in via Condotti a Roma, se sarà Miuccia Prada a rilanciare il marchio storico di pelletteria, nato a Milano nel 1913, con borse in tela da vela, adesso pochi possono immaginare una storia analoga. Perché è cambiato il mercato, ormai davvero globale, con i negozi multimarca, assediati da monomarca con le prime e seconde linee delle griffe d�autore, con i concept store che si fanno sempre più spazio, come la moda a basso costo (e ben copiata) dei gruppi spagnoli, Zara, o svedesi H&M, con gli stilisti diventati imprenditori a tutto campo, con una raffica di acquisizioni e cessioni di aziende che ha segnato gli Anni 80 e 90, in un vero “Risiko” finanziario e borsistico degno di un romanzo di Larsson. E, per finire, la conquista di nuovi mercati, come obiettivo del futuro. Così, tra i giovani, i più bravi o più fortunati già sono al lavoro, magari senza firma, nei brand più prestigiosi, qualcuno come Antonio Marras, è diventato l�anima e la mente operativa di Kenzo, qualcun altro, ma sono pochi, prova a lanciare proprie linee.
Intanto mancano aiuti, per un settore meno in crisi di altri, comunque non più in splendida salute. Lo dicono gli ultimi rapporti. Quello della Camera Nazionale della Moda segnala che i ricavi sono scesi del 4 per cento nel 2008 e scenderanno del 5 nel 2009. Commenta il presidente, Mario Boselli: «Per il 2008 avevamo previsto un segno positivo, ma la gelata dell�autunno ha penalizzato anche il nostro settore». Dove tengono le esportazioni e il saldo attivo è pur sempre di 17 miliardi ma «con un livello di incertezza tale, da rendere difficile ogni previsione». Se il calo previsto del 5 per cento a fine anno dovesse essere confermato, lo stesso Boselli ammette «che non sarà poi andata così male», visto che il saldo attivo si manterrebbe sopra i 16 miliardi. A conferma che, rispetto a altri comparti produttivi, a partire dall�auto, quello del tessile – abbigliamento, soffre di meno. L�analisi di Giorgio Armani è asciutta essenziale come le linee dei suoi capi. A Milano, al termine della sfilata della linea Emporio, Armani commenta: «Il benessere, anche psicologico, non tornerà prima del 2010, quindi ho dato l�input ai miei collaboratori di evitare alcune esagerazioni». La sua ricetta anti crisi: «Osare di più, suggerire cose precise, eliminarle altre», per esempio gli sprechi legati al fashion victim estremo, che aveva il suo simbolo nelle sfilate – evento, che partono da un costo minimo di 500.000 euro, racconta Pambianco. La sfida, secondo Donatella Versace è riuscire «a coniugare lusso e attenzione al prezzo, e poi evitare il banale, per ridare alla moda il suo compito: il desiderio di sognare e la voglia di comperare». Diego Della Valle, presidente di Tod�s, forte dei successi costanti del suo marchio, non abbassa la guardia e sollecita «uno Stato efficiente, che consenta alle imprese più ricerca e innovazione e di migliorare le buste paga dei dipendenti».
Le buone notizie nell�anno della crisi, arrivano dal settore bimbo, molto concentrato sul mercato interno, poco sulle esportazioni. Secondo le stime preliminari, il 2008 dovrebbe confermare il buon andamento di questo segmento di mercato con un più 2,6 che, seppure in diminuzione rispetto al 2007, permette di consolidare le vendite su livelli stimati intorno ai 2, 8 miliardi euro. E nel mondo degli adulti? Tra un�analisi della crisi e una richiesta si riesce anche a litigare tra super star. E� successo con Giorgio Armani che, proprio alla presentazione della sfilata dell�Emporio ha accusato, prove fotografiche alla mano, il duo vincente Stefano Dolce e Domenico Gabbana di aver copiato un suo pantalone dell�anno precedente. Con un commento scherzoso: «Adesso copiano, poi impareranno». Immediata smentita di D&G: «Sicuramente abbiamo ancora molto da imparare, ma non da lui», fino alla pace finale.
Per fortuna, perché se l�alfa e l�omega dell�Alta Moda litigano, a guadagnarci sono gli altri. Gli avversari storici, come la Francia, e quelli emergenti, Spagna e Nord Europa. In mezzo c�è un�industria, che non solo è diventata uno dei nostri più apprezzati passaporti per l�estero, ma soprattutto, è fonte di lavoro per tanta, tanta gente. E la crisi si affronta, si dovrebbe affrontare, tutti insieme. Appassionatamente. Il resto del mondo, a partire dagli Usa di Barack Obama, insegna.
Estratto da Affari&Finanza del 23/2/09 a cura di Pambianconews