Sarà per il maggior dinamismo degli imprenditori, sarà perchè si rivolge a un mercato dove i giovani sono in maggioranza, fatto sta che nell'ambito dell'abbigliamento maschile negli ultimi cinque anni le aziende di sportswear sono cresciute molto più di quelle dedicate all'abbigliamento formale. Prendendo in considerazione le prime 15 imprese dei due settori, quelle legate al tempo libero hanno moltiplicato il fatturato del 68%, le altre “solo” del 30%.
In occasione della 74esima edizione di Pitti Immagine Uomo, che si inaugura oggi a Firenze (resterà aperta fino a sabato 21 giugno) per la prima volta Pambianco Strategie di Impresa ha condotto una ricerca sull'andamento dei fatturati, tra il 2002 e il 2007, delle prime 15 aziende di abbigliamento sportswear, da un lato, e formale dall'altro. Sempre per uomo. Ne è emersa una forte differenza nella crescita: le prime sono passate, complessivamente, da un fatturato di 2.122milioni di euro a 3.556 milioni, con un incremento medio annuo dell'e11%, le seconde da 1.535 milioni a 1.998: in questo caso la crescita media, ogni anno, si è fermata al 5%.
A cosa si deve questa velocità di corsa così diversa? «I motivi possono essere numerosi, spiega Carlo Pambianco, ma probabilmente un ruolo importante spetta al diverso dinamismo degli imprenditori: l'industria dello sportswear è più recente rispetto a quella degli abiti formali, gli imprenditori sono più giovani, forse più attivi e desiderosi di emergere. Ma soprattutto, aggiunge, sono più giovani i compratori: l'età media del formale è tra i 35 e i 50 anni, quella dello sportswear tra 25 e 35. Clienti più giovani spendono di più, soprattutto perchè comprano con maggiore frequenza».
Se Ciro Paone (marchio Kiton) è saldamente in testa alla classifica delle imprese che hanno legato la loro fama all'abito tradizionale, di alta gamma, per uomo (è passato da 30 a75 milioni di ricavi in cinque anni, con una crescita del 147%), Geo Spirit domina invece nel settore sportswear: l'azienda toscana (ha cinque marchi: Peuterey, Geo Spirit, Dekker, Dekher e Kejo) nel giro di cinque anni è passata da 13 a 105 milioni di ricavi: un balzo che supera il 700%.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 18/06/08 a cura di Pambianconews