Stanno in buona salute, crescono ma non viaggiano mai. Sono i terzisti, i licenziatari, i subfornitori. Le Pmi silenziose e spesso ignote che invece rappresentano una parte considerevole dell'impresa italiana. Da un'inchiesta condotta da Hermes Lab per l'Osservatorio del Comitato network subfornitura emerge che a metà anno quasi il 30% delle imprese ha registrato un aumento dell'attività produttiva su base annua, con un saldo positivo tra le risposte di crescita e quelle di calo sia per ordini che per produzione. Il 28% delle aziende dichiara ordini in aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (la percentuale sale al 44,3% in Emilia-Romagna contro il 19,8% del 2006), un 46% è stabile e un 26% segnala portafogli in calo.
Il ricorso alla subfornitura di secondo livello è una pratica molto diffusa, specie per pelle e vestiario: quasi il 52% delle imprese del campione è a sua volta committente di altre aziende o laboratori esterni. Sono soprattutto le aziende dell'alta moda a cercare quasi sempre uno sbocco nel settore della pelle. Il caso più recente, quello di Harmont & Blaine, che ha deciso di allargare la sua proposta includendo anche scarpe e pelletteria. E per farlo si è rivolto ai terzisti.
Di fatto però il licensing viene usato in maniera diffusa in tanti settori, anche se la moda resta la massima espressione del meccanismo. «Il perché è semplice – spiega Daniele di Montezemolo, titolare della Twin e uno dei massimi esperti italiani di licensing -. Solo nella moda c'è la figura suprema dello stilista, lui è il depositario del gusto: se al cliente piacciono le sue creazioni acquisterà anche i suoi occhiali o le sue scarpe. Sarà il marchio a rassicurarlo nell'acquisto anche di un prodotto lontanissimo dall'abbigliamento».
Estratto da CorrierEconomia del 25/02/08 a cura di Pambianconews