Partecipare di più, nel bene e nel male, al destino dell'azienda legando (in parte) il proprio salario ai suoi risultati. Ma, proprio per questo, anche discutere insieme delle sue scelte. Non è ancora una co-gestione ma un piccolo passo in avanti sì. Cresce, infatti, il peso degli accordi integrativi che mettono l'accento sulla redditività.
Gli ultimi, pochi giorni fa, riguardano due gruppi del lusso italiano come Valentino e Fendi e a sottolineare l'elemento «profittabilità» non è soltanto l'impresa ma è soprattutto il sindacato. Nella moda accade sempre più spesso. Intese di questo genere riguardano gruppi che vanno da Gucci a Marzotto a Diesel, da Alberta Ferretti a Benetton.
«La realtà, nei territori e nelle aziende è più avanti di quanto si conosca, dice Valeria Fedeli, segretaria generale della Filtea, il sindacato tessile della Cgil. Questi accordi dimostrano che quando impresa, lavoratori e rappresentanti sindacali condividono l'obiettivo, un'impresa competitiva e sana può ridistribuire meglio e di più il lavoro».
Secondo Fedeli c'è «un aumento importante» di questi contratti centrati sulla redditività dell'impresa, spinti dalla «trasformazione dell'organizzazione del lavoro, anche se questo non significa che il lavoratore debba diventare imprenditore, ci sono responsabilità diverse in capo ai due soggetti. Non è facile – continua Fedeli – ma stanno cambiando sia il sindacato che le imprese».
Estratto da CorrierEconomia del 11/02/08 a cura di Pambianconews