Dalle pezze di stoffa sulla settima strada, New York, al collezionismo d'arte a Belgravia, quartiere della Londra bene a due passi da Buckingham Palace. Con una tappa intermedia a Parigi. E il baricentro ad Alba, in una delle province più province d'Italia, il cuneese. Passa per questi punti la vita di Nicoletta Miroglio, una delle poche manager (e «figlie d'arte») del tessile italiano.
Dopo un apprendistato negli anni Settanta tra la metropoli Usa e la capitale francese, «a fare un po' di tutto, dice lei, dal lavoro di magazzino al centralino», la Miroglio è entrata e piano piano cresciuta nell'omonimo gruppo di famiglia, che fattura oltre un miliardo di euro tra distribuzione e tessuti. Dalla divisione tessuti, dove lavora la Miroglio occupandosi delle linee commerciali, in questi giorni è uscito il responsabile, Antonio Ferrante, che sta per essere sostituito, dicono, da un nuovo manager.
Nessun cambiamento, invece, alla guida di tutto il gruppo di Alba, oggi nelle mani di uno dei cugini di Nicoletta, Giuseppe. Sono sei, in tutto, i Miroglio della terza generazione, nipoti del fondatore Giuseppe e figli dei suoi due figli, Franco e Carlo: oltre a Nicoletta e Giuseppe, anche Edoardo, Bepi, Elena ed Elisa. La generazione successiva, quella del figlio Francesco e dei suoi cugini è coinvolta nel business. Lui, Francesco, segue le tre joint venture aperte in Cina, un Paese con cui il gruppo fa affari da tempo. Non solo producendo in loco, ma anche vendendo tra Pechino e Shanghai tessuti stampati in Italia. Quasi una delocalizzazione controcorrente.
Estratto da Corriere della Sera del 11/12/07 a cura di Pambianconews