E' ormai prossimo lo sbarco in Borsa per la Salvatore Ferragamo Italia spa: l'amministratore delegato Michele Norsa (nella foto), vuol portare la casa di moda tra i titoli “caldi” delle blue chips. Dovrà lavorare sodo, perché dal bilancio al 31 dicembre 2006 e dalla valutazione comparata degli ultimi rendiconti, emergono alcuni indicatori patrimoniali su cui gli analisti punteranno certamente l'attenzione (i diretti interessati, interpellati, non hanno voluto commentare).
Il rapporto di indebitamento (debiti su totale attivo) della società (684 dipendenti) è cresciuto dal 42,7% di fine 2005 al 58,1% dell'ultimo consuntivo, mentre l'indice di liquidità immediata si è ridotto in un anno di quasi il 25% dall'84,6 al 58,2 (fonte: elaborazioni Cerved su dati Infocamere).
I debiti complessivi al 31 dicembre 2006 ammontano a 111,995 milioni (di cui 29,9 milioni verso banche), a fronte di crediti per 58,986 milioni ai quali sommare rimanenze di magazzino per 54 milioni e 4,8 milioni in contanti. Anche sul fronte della produttività si può fare meglio.
L'ultimo bilancio si è chiuso con un utile di 17 milioni e mezzo, con l'apporto decisivo della voce “altri ricavi”, i cosiddetti incassi accessori come canoni da locazione e royalties calcolati in 13,9 milioni. Il management ha previsto per il 2007 una crescita di fatturato del 12% e un deciso aumento della redditività ma, in attesa del bilancio consolidato 2007, quest'anno si è provveduto a depurare la società di 100 mila metri quadri di terreni edificabili a Sesto Fiorentino e di alcune partecipazioni in controllate estere.
«L'utile complessivo», si legge nella relazione di Ferruccio Ferragamo al bilancio consolidato 2006 (Fonte: Report Pambianco), «è passato da 45,7 a 37,5 milioni e “la quota di gruppo” da 39,2 a 30,4 milioni». Poteva andar peggio se non fosse arrivata la contabilizzazione dei «proventi straordinari per la cessione del marchio Ungaro», venduto all'imprenditore arabo Asim Abdullah.
Estratto da L'espresso del 30/11/07 a cura di Pambianconews