Il marchio �Made in� va nella direzione giusta, ma dovrebbe essere solo il primo passo di un percorso che conduce alla certificazione per legge dei prodotti realmente realizzati in Italia, almeno nella parte qualificante: Luciano Barbera (nella foto), AD del Lanificio Carlo Barbera, non rinuncia alla sua battaglia per la tutela dell'alta qualità neanche in vista del 13 dicembre, quando la Ue dovrebbe dare il via libera, dopo un'opera di mediazione politica a Strasburgo, all'obbligo dell'indicazione del marchio d'origine per sette categorie di prodotti importati nell'Unione europea.
L'etichetta d'origine in via di approvazione Ue non sembra convincere l'imprenditore biellese. «Dobbiamo consentire al consumatore, sostiene, di poter distinguere la provenienza di tutti i prodotti, anche di quelli realizzati nei confini dell'Unione europea. Non vorrei che un domani le aziende italiane che hanno delocalizzato in Romania possano fregiarsi del “Made in Italy”».
«Basterebbe che il 51% della produzione “qualificante” fosse realizzata nel nostro Paese, prosegue Barbera, per godere del certificato d'origine».
La Carlo Barbera, nata circa 60 anni fa nel distretto biellese, produce tessuti finissimi di lana e di cashmere. I suoi tessuti sono utilizzati per confezionare capi d'abbigliamento con il brand Luciano Barbera o inviati ad atelier sartoriali come Kiton e Brioni.
Biella rimane il distretto dei tessuti nobili e del cashmere di Barbera, Zegna, Piacenza e Loro Piana (che ora è in Valsesia). E alcuni di questi sono riusciti a crescere battendo anche la strada del brand, del retail e del marketing internazionale.
L'anno scorso la Carlo Barbera, che controlla Grilux, operante nella confezione, ha realizzato ricavi aggregati per 22 milioni e un utile di 36mila euro. Risultati che la società dovrebbe sostanzialmente mantenere nel 2007 «con un leggero e costante miglioramento anche della situazione finanziaria».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 19/11/07 a cura di Pambianconews