Dopo la crisi del 2002, la ripresa del 2005 e 2006, il sistema moda italiano non perde lo slancio e anche per il 2008 ha tutte le intenzioni di confermare i buoni andamenti dello scorso biennio. I consumi saranno più vivaci e il traino arriverà dai soliti mercati emergenti. Sulla base di questi scenari, i marchi tricolori, che vogliono crescere, si trovano a un bivio: abbandonare il modello di gestione familiare dell'impresa guidata dal suo fondatore, per passare a un'organizzazione manageriale indipendente.
Un mercato su cui incombe, per dirla con le parole del presidente della Camera nazionale della moda, Mario Boselli: «la minaccia di un'invasione di prodotti a basso costo provenienti dal Far East, Cina in primis, che costringeranno le aziende italiane a riposizionarsi su fasce di mercato più difendibili». Agli industriali del fashion per crescere: «Serviranno uomini nuovi, capitali freschi, senza tralasciare il valore della marca», come ha sottolineato Carlo Pambianco, durante i lavori del convegno «Moda e Lusso, gli scenari e le strategie del prossimo futuro», organizzato ieri a Milano. La moda italiana può vedere un certo tasso di crescita nel prossimo futuro; sia per i fatturati che per la produzione.
«Le prospettive per il 2008 vedono un andamento in crescita del settore moda, su ritmi simili a quelli registrati nel biennio 2006/2007», ha spiegato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. E nel 2008 le imprese italiane metteranno in mostra anche la capacità di diversificare i propri sbocchi verso i paesi a maggior dinamica, in particolare la Russia, portando in evoluzione le esportazioni. Il trend è confermato anche dai dati della Cnmi. «Quest'anno», ha dichiarato Boselli, «il comparto chiederà in crescita, ma, anche perché i listini sono stati compilati con un cambio più favorevole, quando sarà il momento di compilarne di nuovi, con un cambio del dollaro penalizzante, saranno in molti a soffrire».
Ma le potenziali per crescere esistono, anche sotto il profilo finanziario. Nel 2007 sono sbarcate in Borsa ben quattro aziende del settore moda-lusso (Aeffe, Aicon, Piquadro e Damiani), contro le due nel 2006 (Antichi Pellettieri e Poltrona Frau), le operazioni di private equity hanno registrato un'impennata. Sono state 24 quelle che hanno interessato aziende italiane, contro le 14 dell'anno scorso.
E tra quelli che pensano alla Borsa come strumento per futura crescita c'è anche Massimo Carraro l'amministratore delegato del gruppo Morellato. «Il progetto di crescita del gruppo potrebbe portare nei prossimi tre-cinque anni anche alla quotazione in Borsa. Peraltro, ritengo che il confronto e il controllo con il mercato rappresentino per un'azienda un valore aggiunto». Allineato sullo stesso fronte anche Luciano Cimmino (nella foto), fondatore di Yamamay. Ieri ha spiegato che la società di intimo femminile punta a quotarsi tra cinque anni dopo aver creato con Carpisa, azienda di pelletteria fondata anch'essa da Cimmino, un unico gruppo con una massa critica da 400 milioni di euro.
«Per realizzare questo sogno bisogna prima verificare la volontà degli azionisti e dei partner». In particolare della famiglia Carlino, socia in Carpisa, e della famiglia Garda, titolare del 50% di Inticom, proprietaria del marchio Yamamay. Quest'ultimo nel 2007 prevede di realizzare un fatturato di 91 milioni di euro contro i 95 milioni di Carpisa.
Estratto da MFFashion del 14/11/07 a cura di Pambianconews