Lancia il sasso e… alza la mano. Pardon, il pugno. Compagno Pilati, prego. «Di fronte a un sistema politicamente “corrotto” non avevo altro modo per raggiungere la mia consumatrice se non un manifesto». Niente popò di meno che firmato Yves Saint Laurent. Tiratura: 2 milioni di copie. Distribuzione: metropolitane, musei, biblioteche, riviste. Da domani a New York. Poi Londra, Milano, Parigi, Barcellona, Berlino. Scoprire le idee a sinistra di Stefano Pilati, da tre anni il designer di Yves Saint Laurent, fa un po' strano! «E perché? Il mondo della moda è affascinante. Ma è anche facile restare stritolati da sistema».
Se non sono gli stilisti, chi detta legge?
C'era un tempo in cui mia madre, quando sfogliava una rivista e vedeva un vestito, strappava la pagina e andava dalla sarta. I giornali di moda così erano funzionali al sistema: c'erano belle foto e gli abiti si vedevano, i fotografi davano gran valore ai capi. Ora no, non più. Troppi inciuci. Tutto è in crisi. Ci ho riflettuto, ho urlato.
Perché chiamarlo «manifesto»?
Perché è quello. Oggi il rapporto fra lo stilista e la consumatrice è inesistente. O meglio è filtrato e veicolato dai giornali e dalla pubblicità. La cliente entra in boutique chiedendo quasi sempre quello che ha visto fotografato da qualche parte. E ahimè ultimamente è spesso una borsa, non che mi dispiaccia, però… Seconda riflessione: spesso nei servizi di moda sui giornali, vengono fotografati gli stessi capi della pubblicità. Così è sempre la stessa giacca che gira… E non una visione più ampia della moda.
Comunicazione mirata: su questo sono stati costruiti imperi economici.
Non la rinnego, anzi. Interessante da un lato, ma pure aberrante dall'altro. Tu hai tante cose ma riesci ad arrivare solo con una. Per parlare poi a chi? Ai fotografi, alle riviste, al marketing. E la consumatrice? Abbiamo perso di vista il focus e il compito di servizio che è anche quello di arrivare alla parrucchiera, alla signora, alla ragazzina. Alla madame “Tout le Monde”, come la chiamiamo in Francia. Che non sa niente né da dove vengo, né chi sono, né che cosa ho fatto la sfilata scorsa. Così ho pensato a un manifesto, da strada. Non un catalogo. Ma un mondo, un'idea, una riflessione. Tradotta in vestiti.
Estratto da Corriere della Sera del 4/09/07 a cura di Pambianconews