Visto che non si decide l'Unione Europea, si muovano i consumatori: comprino solo i capi che hanno l'etichetta di origine, lasciando gli altri nei negozi. L'invito a questo «sciopero dello shopping» arriva, dopo il caso di Mattel costretta a ritirare milioni di giocattoli pericolosi costruiti in Cina e dopo la formaldeide trovata in Nuova Zelanda in alcuni vestiti di importazione cinese, non dalle associazioni dei consumatori ma direttamente dalla Camera nazionale della moda italiana. Cioè dall'organizzazione che rappresenta gli stilisti italiani e organizza il calendario delle sfilate milanesi.
Proposto dal presidente Mario Boselli e sottoscritto dal comitato di presidenza (Vittorio Missoni, Walter Burani, Giovanna Gentile Ferragamo, Saverio Moschillo, Massimo Ferretti e Matteo Marzotto), lo «sciopero» ha trovato anche il consenso personale di Didier Grumbach, presidente dell'omologo organismo francese, il cui consiglio direttivo si esprimerà però formalmente nei prossimi giorni. Oggi pomeriggio, intanto, sarà discusso in un incontro a Milano con gli assessori Maiolo (Commercio) e De Albertis (Salute).
«L'Europa, dice Mario Boselli, è l'unica area geografica nel mondo in cui non esiste l'obbligo di indicare la provenienza delle merci a causa della volontà contraria di alcuni Paesi del Nord Europa che sostengono di tutelare, in questo modo, i consumatori. Ma, nonostante gli acquisti a prezzi bassi della grande distribuzione, il costo dei prodotti non è calato, semplicemente hanno guadagnato di più gli intermediari o chi commercia. I consumatori si tutelano permettendo loro di sapere dove un prodotto è stato fatto. Se il �made in� fosse obbligatorio, come da sempre chiediamo, oggi non ci troveremmo a dover proporre ai consumatori questa sorta di sciopero».
Estratto da Corriere della Sera del 30/08/07 a cura di Pambianconews