Michael Burke (nella foto), Ceo e managing director di Fendi dal 2004, spiega il rilancio della storica maison romana. E che rilancio: inizialmente previsto per il 2007, il breakeven è stato raggiunto nel 2005, quando Fendi ha compiuto 80 anni. Nel 2006 il margine operativo, in percentuale, ha raggiunto le «due cifre» e i ricavi hanno superato 300 milioni di euro. «L'obiettivo che ci eravamo dati era di arrivare, entro il 2008, a un fatturato di 500 milioni e un margine operativo del 20%. Ma le cose stanno andando talmente bene, con tassi di crescita del 20-25% all'anno, che monsieur Arnault (presidente di Lvmh) ha fissato un altro traguardo: un miliardo di ricavi entro il 2012».
Dal 2004 Lvmh è diventato il maggior azionista di Fendi: il primo investimento era stato fatto nel 1999. Insieme all'ex socio Prada, la holding francese della moda e del lusso era riuscita a strappare, a caro prezzo, il controllo della maison romana al rivale di sempre, il gruppo Gucci. Burke, che all'epoca dell'operazione stava guidando il rilancio di Christian Dior, ha sempre negato che Lvmh abbia pagato un prezzo esagerato per Fendi: «In quel momento era la cifra giusta per un marchio assolutamente unico. Quante Fendi ci sono al mondo?»
Il fatto che ci siano voluti parecchi anni per risanare i bilanci non scompone il manager: «Per un gruppo come Lvmh non è un problema sostenere le perdite di un marchio, almeno a breve termine. L'importante è impostare un piano di rilancio che garantisca un futuro a medio-lungo termine. Ci siamo riusciti mettendo ordine in ogni parte dell'azienda, dal commerciale al retail, dall'organizzazione degli uffici stile agli approvvigionamenti, dal marketing alla pubblicità. E abbiamo incoraggiato tutti a sentirsi parte di un progetto. L'operazione è riuscita perché il patrimonio di know how creativo e artigianale era enorme: alla fine, ovviamente, tutto parte dal prodotto».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 27/06/07 a cura di Pambianconews