Dal '79 all'83 è stato presidente della Federtessile, l'associazione degli industriali del suo settore. Nel quadriennio '84-'88 lo ritroviamo invece alla presidenza della Fiera di Milano, testa di ponte del made in Italy presso i compratori esteri. Mentre fra il '95 e il 2002 ha guidato il Pitti e dal '99 ad oggi è stato presidente della Camera della Moda di Milano, un ente che fra i suoi tanti compiti ha quello di stilare il calendario delle sfilate milanesi. Eppure, se prendete il cavalier Mario Boselli a quattr'occhi vi confesserà che il mestiere più difficile è quello dell'industriale del tessile e dei filati. Un lavoro che per tanti super consulenti sarebbe meglio lasciare alle aziende dei paesi emergenti.
Boselli sostiene che tessile e i filati hanno ancora un futuro in Occidente. A patto di fare le scelte giuste. Lo conferma l'andamento della “Marioboselli yearns and yersey” la holding di famiglia che ha chiuso il 2006 con un fatturato in aumento del 13,5% a 45,8 milioni di euro. La prima mossa di Boselli è stata di dividere il gruppo in due divisioni per focalizzarne meglio compiti e obiettivi. A cominciare dai filati affidati al figlio Carlo: il settore storico di un'impresa nata nel remoto 1586 quando nella filanda di Garbagnate Monastero si iniziava a lavorare la seta. Una scelta coraggiosa, quella di rimanere nel comparto, visto che negli ultimi 4 anni in tutto il Sud Europa dal Portogallo alla Grecia passando per l'Italia le aziende di filati si sono ridotte da 65 a una trentina.
«Per restare competitivi nei filati», spiega Boselli, «è necessario garantire un'ottima qualità e costi competitivi». Ecco perché il gruppo ha aperto già nel '98 una azienda, la Twista ad Humennè nell'est della Slovacchia, non lontano dal confine con l'Ucraina. E' proprio grazie alla competitività garantita in Slovacchia che le produzione di filati in Italia continua ad avere, almeno per ora, un suo ruolo. La crescita registrata nel 2006 da Twista (+22,2%) ha infatti largamente compensato la riduzione della produzione (-3,9%) avvenuta negli impianti nazionali.
La seconda divisione del gruppo Boselli è chiamata «Fashion», una denominazione che indica la scelta di non limitarsi al campo dei tessuti di alta e altissima qualità, un segmento in cui i Boselli hanno esordito nel 1973. Bensì di allargare il proprio raggio d'azione ad alcune produzioni particolari nel settore della moda. «In questo mercato dove conta molto la creatività», spiega ancora Boselli, «è importante saper innovare». Ecco spiegata quindi la decisione di puntare sui prodotti seamless, senza cuciture. Una nicchia della moda femminile dove, il produttore di tessuti da una parte ha la possibilità di contenere i propri costi di produzione. Mentre dall'altra la scelta di proporre anche prodotti finiti consente di spuntare margini maggiori.
Estratto da Affari & Finanza del 5/02/07 a cura di Pambianconews