La merger-mania non risparmia la moda. Così come è avvenuto negli altri settori, il 2006 si è confermato un anno vivace sul fronte delle fusioni e acquisizioni per il tessile-abbigliamento. A fare la parte del leone sono stati i fondi di private equity, a cui va la palma d'oro per numero di acquisizioni. A confermare questa tendenza, a quanto pare destinata a proseguire nei prossimi anni, è uno studio di Pambianco, da cui emerge che lo scorso anno a livello mondiale sono state 158 le operazioni di m&a andate a buon fine che hanno fatto seguito alle 165 dell'anno precedente. Del totale, 67 hanno visto coinvolti soggetti italiani, il mercato più vivace su questo fronte, seguito da quello statunitense e francese.
Seppure in lieve frenata rispetto ad un anno prima (-4%), il numero sempre elevato di operazioni conferma dunque che l'aggregazione resta la strada più battuta nel mercato della moda, «Il consolidamento, spiega Alessio Candi della divisione m&a di Pambianco, è un fenomeno che nel settore moda ha preso piede dagli anni æ90 e che ha vissuto il suo picco nel 2003 (173 operazioni). Le grosse acquisizioni sono state fatte a cavallo del 2000. Allora i gruppi più attivi erano i grandi nomi del lusso, come Lvmh o Ppr».
Dopo il 2001, le cose hanno preso un'altra piega. I grandi gruppi del lusso, che in parte non hanno ancora digerito alcune operazioni poco redditizie, si sono messi da parte, lasciando campo libero ad altri soggetti. Con un trend ininterrotto di crescita, da sei anni a questa parte, un ruolo sempre più attivo è stato ricoperto dai fondi di private equity, che nel 2006 hanno rappresentato il 25% sul totale degli acquirenti, seguiti a ruota dalle aziende di abbigliamento (16%) e della distribuzione (14%). In termini di dimensioni, a parte qualche grosso nome made in Italy, come Valentino e Bulgari, intorno ai quali negli ultimi mesi si sono accese le speculazioni di mercato, prede ambite da chi vuole fare shopping sono sempre più spesso aziende di piccole e medie dimensioni. E, come è successo lo scorso anno, preferibilmente operanti nel campo della distribuzione. Per restare in Italia si pensi all'acquisizioni da parte del fondo britannico Bridgepoint della catena di profumi Limoni o quella di Gardenia Beauty da parte del francese L Capital.
Anche gli italiani sono andati all'attacco. Nel complesso delle operazioni che hanno coinvolto aziende del Bel Paese, 15 le hanno viste nel ruolo di predatori a fronte di 12 in cui sono state prede da parte di gruppi stranieri. Si pensi, nell'ambito dello sportswear, all'acquisizione da parte di Lotto dell'americana Etonic. E ancora Luxottica che ha rilevato le catene Shoppers Optical In Canada, Modern Sight Optics in Cina e Doc Optics negli Usa. E ancora: Mariella Burani che ha portato avanti operazioni su diversi fronti: dal settore della pelletteria (Coccinelle), all'abbigliamento (Shyno) per arrivare a quello della gioielleria (Facco corporation, Rosato e Valente Gioiellieri). Insomma, la febbre da fusione si fa sempre più alta.
Estratto da Affari & Finanza del 29/01/07 a cura di Pambianconews