Maria Pia Garavaglia è una lombarda di Cuggiono, paese di circa 7 mila abitanti della ricca provincia, che ha imparato ad amare Roma, «anche se, dice, la mia città resta Milano». Ora è vicesindaco con deleghe strategiche per la crescita dell'Urbe: turismo e moda. Molto apprezzata per la praticità e la sobrietà, dalla sua città del cuore ultimamente ha ricevuto più di una delusione. Non va molto meglio nemmeno con la moda: all'ultimo incontro ufficiale, in occasione di AltaRoma-AltaModa, del luglio scorso, una polemica rovente ha movimentato la conferenza stampa dove erano annunciati i vincitori di Who's next?, il concorso per i nuovi creativi organizzato dalle forze congiunte di Vogue Italia e di AltaRoma. Mentre Franca Sozzani, la direttrice del mensile, sosteneva che la funzione della Capitale dovrebbe essere quella dello scouting, della ricerca di giovani stilisti «perché ogni città ha il suo ruolo e Roma non è una città della moda», il vice sindaco ribatteva con un seccato «non ci sto». Così declinato: «Io non mi arrendo al fatto che Roma non sia una città della moda. Nessuno può decidere dall'esterno quale città lo sia. Vogliamo essere giudicati dalla nostra capacità».
Premesso che AltaRoma è una società partecipata al 20% dal Comune e all'80% dalla Camera di commercio, con uno stanziamento di 2,4 milioni di euro all'anno, a che cosa serve questa manifestazione? «Produce idee, creatività. È una vetrina del made in Italy che ci veicola in Cina e in Asia perché unisce la spettacolarità dei luoghi a quella della moda. Si tratta di una promozione che favorisce anche il turismo e che Milano non dovrebbe vedere come un pericolo, una concorrenza indebita». Però è Milano che mette in moto e sostiene l'intero sistema. «Nessuno lo mette in dubbio, ma perché non accettare l'ipotesi che esistano più centri? A Firenze l'uomo e il bambino, a Milano la donna e gli accessori, a Roma l'alta moda nel senso di invenzione. Chi le contrappone sbaglia».
Milano ha scelto una via specialistica, tutta interna al settore. Quella di Roma invece è… «Popolare. Noi vogliamo mantenere la nostra memoria: l'Accademia di costume e di moda, nella quale si sono formati tanti stilisti, ha una lunga vita della quale siamo orgogliosi. A Roma è nata l'alta moda, con le sorelle Fontana, Schubert, Carosa, Roberto Capucci. È una tradizione che appartiene alla storia della città. Io vorrei mantenere queste caratteristiche perché conservano antiche capacità artigianali e favoriscono posti di lavoro. Anche per questo è così impegnata la Camera di commercio, che vuole sostenere tutte le realtà di questo particolare settore».
Intanto con il sindaco ha individuato un casale all'interno di Villa Pamphili dove ospitare la Fondazione Fontana, le sarte predilette dalle star americane quando Roma era Hollywood sul Tevere. Autrici dell'abito di nozze di Linda Christian, sposa invidiatissima di Tyrone Power; come di quello da sera di Ava Gardner, che prendeva ispirazione dai vestiti talari e infatti fu chiamato «il pretino». Con ottimismo spiega che questa idea potrebbe essere ampliata fino a organizzare un museo di schizzi e vestiti dei più celebri fashion designer italiani. Non è straordinario? Probabilmente si farà il Museo della moda. Ma a Roma, non a Milano.
Estratto da CorrierEconomia del 11/12/06 a cura di Pambianconews