Richemont inserisce la marcia a doppia cifra sull'Italia, ma lancia l'allarme: non è tutto oro ciò che luccica, anche nell'orologeria d'alta gamma. È il presidente del gruppo svizzero in Italia, Giacomo Bozzi, a tracciare lo stato di salute del mercato, in occasione della presentazione del libro «L'alta orologeria in Italia», realizzato da Luana Carcano, docente Bocconi, e da Carlo Ceppi, manager di Richemont. In particolare, Bozzi denuncia «un fenomeno arrivato a livelli pericolosi e inaccettabili per i valori trasferiti dagli orologi d'alta gamma: il mercato parallelo e la sub-distribuzione».
Che significa parallelo?
Significa che i prodotti venduti dalle maison svizzere per essere destinati a certi mercati, vengono in realtà poi girati dai grossisti verso altre destinazioni fuori controllo e fuori target, come le televendite, i siti Internet o altri Paesi. Lo scorso anno, secondo le stime svizzere, l'import di lancette elvetiche italiano è aumentato di oltre il 30%, e nei primi nove mesi di quest'anno di un altro 50%. Davvero pensiamo che il mercato italiano sia raddoppiato in due anni?
Per Richemont come chiuderà il 2006?
Si può tranquillamente parlare di crescita a due cifre, con un buon andamento per tutti i marchi del gruppo (tra cui Cartier, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre e IWC). È il momento degli orologi di grandi manifatture, mentre quelli griffati stanno subendo un evidente ridimensionamento. Sono le lancette ad alta complicazione e la gioielleria, il cosiddetto hard luxury, che sta conquistando spazio in via Montenapoleone.
A proposito di gioielli, Bulgari è un target?
Ci sono voci di ogni genere, e come tali non vanno commentate. La mia opinione è che Richemont ha un portafoglio di gioielleria che non ha bisogno di Bulgari. C'è invece spazio per crescere con la valorizzazione di nuovi piccoli brand. In Italia, in realtà, in questo segmento è ancora a un passo precedente: non c'è una vera politica di marchio.
Estratto da Finanza & Mercati del 17/11/06 a cura di Pambianconews