Il passaparola si sta rivelando una delle strade preferite dalle aziende per selezionare i proprio manager. E i dirigenti più svelti, che hanno già fiutato l'aria, fanno a gara per “promuoversi” facendo impennare le candidature spontanee. Anche perché, come raccontano le testimonianze che abbiamo raccolto, nelle imprese familiari si guadagna forse qualcosa di meno, ma in genere la permanenza dei manager dura più a lungo e, soprattutto, il clima lavorativo è nettamente migliore, specie sotto l'aspetto umano: il 65% dei Ceo e l'80% dei Chief financial officer sono esterni alla famiglia.
II combinato disposto di questi elementi è uno dei fattori chiave che spiega come mai le aziende di famiglia facciano ancora scarso ricorso ai fornitori esterni di servizi professionali, specialmente nella ricerca di personale, come mette in evidenza il rapporto sul top management nelle società a controllo familiare condotta da Guido Corbetta e Alessandro Minichilli dell'università Bocconi di Milano in collaborazione con l'Associazione delle aziende di famiglia (Aidaf) e dai cacciatori di teste di Spencer Stuart.
E' l'esigenza della leadership che si fa sentire di più nel momento della successione, si realizza il business quando c'è continuità nel controllo da parte della stessa famiglia. Ma non sempre il leader che ha condotto l'azienda con successo sa preparare in maniera adeguata la successione. Ed è proprio in questo caso che si verifica la crisi. E possibile ad esempio che il potenziale successore sia stato identificato ma non risulti ancora pronto: in questo caso occorre affidare le leve del comando a un manager esperto, che svolga il ruolo di traghettatore fino a quando il successore sia in grado di prendere le redini. Oppure, anche per le esigenze di sviluppo e la conseguente necessità di allargare il capitale, la famiglia decide di assumere il ruolo di investitore, mantenendo il controllo e l'azienda diventa manageriale».
Un altro tema chiave nel rapporto tra aziende di famiglia e manager è rappresentato dalla corporate culture. La percentuale di dirigenti al top che si considera vicina ai valori della proprietà è del 51%. I manager che stanno pianificando di cambiare azienda nel breve termine sono il 22%, mentre ben otto su dieci sperano che il prossimo impiego sia in un'azienda senza famiglia. In conclusione, il rapporto tra top manager, famiglia e azienda risulta controverso. In particolare, i Ceo vedono l'azienda come un'opportunità di sviluppo personale, godono di riconoscimento e di delega. Tuttavia, sono scarsamente motivati e incentivati. I Cfo vivono l'impresa soprattutto come un'opportunità professionale. In generale, i manager non familiari si considerano vicini ai valori e alla cultura della famiglia proprietaria, ma solo uno su cinque vorrebbe ripetere in futuro una esperienza di lavoro in un'azienda a controllo familiare.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 5/11/06 a cura di Pambianconews