Una striscia di pianura tra la montagna e il Mar del Giappone ospita in pochi kmq il 96% della produzione nazionale di occhialeria: un distretto di piccole e medie imprese che ha appena festeggiato il centenario d'attività interrogandosi su come garantirsi altri 100 anni di business in un contesto globalizzato. Stretto tra quello che chiama con invidia “l'oligopolio italiano delle grandi licenze” e i bassi costi cinesi, il distretto di Fukui si è dato una risposta: sempre più tecnologia e valore aggiunto, ma senza dimenticare di valorizzare la tradizione artigiana di manualità che resta segno riconoscibile d'eccellenza.
«Sono tempi difficili, ma possiamo reagire», sintetizza Nobuhisa Kimura, vicepresidente della Fukui Optical Association, che ha sede a Sabae, la cittadina poco a sud del capoluogo provinciale che concentra quasi tutte le 690 aziende del settore (6.400 addetti). «Oggi le sfide sono più vaste, prosegue Rimura, se vogliamo arrestare il declino del valore della produzione, sceso intorno a 78 miliardi di yen dai 125 miliardi del 1999». Il punto di debolezza per un'industria che si affacciò sulla scena mondiale nei primi anni 80, quando per la prima volta l'export superò 1'import, sono ovviamente i costi.
L'associazione di Fukui si è anche accorta che non è un bene lavorare ancora per l'80% per conto terzi: ecco quindi il tentativo di lanciare un proprio marchio, il “291” (che in giapponese si può pronunciare “Fukui”), a certificazione di qualità come brand-ombrello per i prodotti di alcune aziende locali.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 31/10/06 a cura di Pambianconews