É alle battute finali l'acquisizione da parte di un gruppo di investitori, coordinati dalla famiglia Borletti, della totalità del capitale di Printemps, la seconda catena di megastore della Francia. Parliamo di un'operazione che vale oltre novecento milioni di euro, e che consentirà al gruppo industriale e finanziario Borletti di affiancare alla Rinascente (di cui oggi è uno dei soci più importanti) una delle più prestigiose marche d´Oltralpe.
Com´è noto, il venditore è Francois Pinault, patron di Ppr. Meno noti, invece, i nomi che fanno parte della cordata creata dai Borletti, per fronteggiare l'investimento in Printemps. Si sa, per esempio, che si tratta di una cordata mista, fatta di imprenditori, privati e istituzioni. E che è quasi certa la presenza del gruppo assicurativo Agf e del Crèdit Agricole che da pochi giorni, con l´acquisizione di Cariparma e Friuladria, è diventata la terza banca straniera in Italia.
Restano però top-secret quasi tutti i nomi degli altri soci dei Borletti che hanno deciso di mettere capitali propri nell´acquisizione. Secondo informazioni che circolano nella Milano finanziaria, tra loro ci sarebbe la merchant bank Tip – Tamburi Investment Partners, società quotata in al mercato Expandi di piazza Affari, che raccoglie molte delle più importanti famiglie del capitalismo italiano. Non si sa quale quota sottoscriverà Tip e nemmeno se in quest´operazione abbiano investito direttamente anche alcuni dei suoi azionisti (com´è accaduto in situazioni analoghe), ma secondo i bene informati, una cosa è certa: viste le sostanziose disponibilità liquide di Tip e dei suoi azionisti, tra i Borletti e il gruppo coordinato da Tamburi si è avviato un “dialogo” che li potrebbe portare a studiare insieme altre operazioni, oltre a quella Printemps.
A Parigi non sono tanto contenti perché si domandano come mai si sia data a una cordata di italiani la possibilità di acquisire un simbolo della grande distribuzione francese. In Italia tra quelli che non sono riusciti ad entrare nell´operazione serpeggia un certo malumore poiché far parte di questo piccolo (nemmeno tanto) e certamente simbolico riscatto degli imprenditori del Bel Paese, dopo anni di conquiste da parte dei cugini d´Oltralpe, avrebbe fatto piacere a molti. Ma i promotori dell´operazione non volevano allargare troppo il “parterre”.
Estratto da Affari&Finanza del 16/10/06 a cura di Pambianconews