Secondo Mario Boselli, presidente della Camera della Moda dal 2000, per vincere sui mercati sono necessari qualità, creatività e prezzi competitivi.
L'andamento del mercato del tessile-abbigliamento degli ultimi cinque anni ha spostato il baricentro del dibattito sul futuro del made in Italy: il tema attuale oggi non è più dove, ma come e cosa produrre. E' d'accordo?
Il 2006, contrariamente al 2004 e al 2005, è finalmente iniziato in modo positivo per l'industria italiana della moda. Il fatturato è in ripresa, in modo più significativo nei settori a monte (tessile e concia) che in quelli a valle (abbigliamento, accessori in pelle, calzature) e nei primi quattro mesi dell'anno l'occupazione si è stabilizzata.
Fatturati in crescita, produzione in diminuzione. Quindi delocalizzazione, una scelta che è stata adottata da molti…
Diciamo che scelte strategiche sbagliate ce ne sono state, ma c'è una giustificazione: tutti avevano ipotizzato una battuta d'arresto dell'export, ma nessuno aveva previsto che l'import registrasse percentuali di crescita a tre o addirittura quattro cifre.
Ha ancora senso parlare di distretti industriali?
Sì, è difficile, ma più che mai opportuno. I distretti hanno caratterizzato in modo originale la storia industriale italiana dal dopoguerra. Oggi il concetto deve essere quello di rete creativa e dinamica.
Un pronostico per i prossimi tre anni?
Vincerà il “full made in Italy”, ovvero l'altissima qualità, creatività e gusto, a prezzi competitivi.
Estratto da Economy del 15/09/06 a cura di Pambianconews