Lo chiamano «effetto wow». E' l'espressione di stupore stampata sul volto di chi osserva gli ambienti illuminati dal Gruppo Targetti, un'azienda toscana con 75 anni di esperienza che ha saputo conquistare il quinto posto in Europa nell'illuminazione architettonica, commerciale e d'arredo. I numeri: fatturato di 156 milioni di euro, 7 stabilimenti produttivi in Italia, 23 società operative, mille dipendenti, presenza in 90 Paesi.
Dietro il successo ci sono tre generazioni di uomini che hanno interpretato il made in Italy nel tempo e nel mondo. E oggi Lorenzo Targetti, 38 anni, amministratore delegato, preferisce parlare di italian concept. «Perché nel passaggio del testimone lo scenario è profondamente cambiato. Fare un prodotto riconoscibile come italiano non basta più. Oggi i designer sono in vendita e puntare solo su questo fronte è una strategia dal fiato corto. Bisogna interrogarsi diversamente su come mettere insieme la tecnologia più evoluta e il gusto estetico italiano. Noi italiani siamo ancora dei privilegiati. Nel nostro campo abbiamo dei laboratori a cielo aperto che sono le nostre città d'arte».
Ci sono anche fattori di mercato su cui il gruppo si interroga, si orienta e spinge continuamente. «Il mercato, prosegue Targetti, riconosce le nostre competenze e attribuisce un valore decisivo a chi si presenta come specialista. Da qui la necessità di una costellazione aziendale: diverse società e divisioni indipendenti che a volte complicano la vita ma risponde perfettamente allo scopo».
Un discorso a parte merita il fattore ricerca. L'esperienza di Lorenzo Targetti gli fa dire che l'innovazione non va confusa con l'investimento nella ricerca e nello sviluppo. Anche l'organizzazione finanziaria e gli assetti societari richiedono innovazione: «Nel '98 ci siamo quotati in Borsa. Non solo alla ricerca di vantaggi economici ma anche perché questo passo ci avrebbe costretti a fare innovazione e a mettere chiarezza su un aspetto chiave per l'impresa familiare come la distinzione tra proprietà e controllo. La famiglia deve essere il turbo dell'azienda e non il freno».
Estratto da CorrierEconomia del 11/09/06 a cura di Pambianconews