«Fino ad ora abbiamo giocato in difesa, ora è il momento di andare all'attacco. Se lo scorso anno, per effetto dell'eliminazioni delle quote parte del Wto, abbiamo subito l´invasione di prodotti cinesi; questo è l´anno in cui dobbiamo unire le forze per alzare il nostro livello competitivo sui mercati internazionali, ed in particolare su quelli emergenti». Paolo Zegna, presidente di Smi-Ati, la Federazione imprese tessili e moda italiane aderente a Confindustria sintetizza così la nuova posta in gioco del comparto che rappresenta. Un strategia che, in un contesto di sempre più forte concorrenza da parte dei paesi a basso costo del lavoro, diventa necessaria per la sopravvivenza delle aziende del made in Italy. E, soprattutto, di quelle di piccole-medie dimensioni, che non hanno risorse sufficienti per creare all´estero una propria rete di vendite, come fanno le grandi griffe.
Il progetto “Classico Italia” riunisce imprese medio-piccole di alta qualità, impegnate ad aprire all'estero negozi sotto un'insegna comune. Come sta succedendo anche in altri settori tradizionali del made in Italy, anche per il settore del tessile-abbigliamento il concetto che le imprese devono digerire è quello di lavorare in sinergia. «La recente vittoria della nazionale di calcio ai campionati mondiali in Germania, spiega Zegna, insieme ai tradizionali settori quali la moda, il cibo, l'arredamento, l'auto rafforza le possibilità di penetrazione del made in Italy, soprattutto sui mercati emergenti, come quello cinese e russo e su quelli potenzialmente interessanti come India, Sud Africa, Medio Oriente e Brasile». «Tutto ciò, continua, darà risultati solo marginali se non si uniranno alle eccellenze dei prodotti, anche le iniziative coordinate». A fare da rompighiaccio in questa nuovo piano di azione devono essere le grandi griffe, ovvero quelle che hanno già assimilato l´esigenza di presentarsi sui mercati esteri con un´immagine univoca di brand.
Che mettere in piedi una strategia vincente per crescere all'estero sia a questo punto sia di fondamentale importanza per il tessile-abbigliamento lo dimostra il fatto che, nel 2005, il 51% del fatturato delle industrie medio-piccole rappresentate da Smi-Ati, è stato realizzato fuori dai confini nazionali. A dispetto dei tracollo pronosticato, lo scorso anno il comparto ha raggiunto un fatturato complessivo pari a 52 miliardi di euro, con una flessione rispetto all´anno precedente limitato al 3%. Nonostante l´incursione cinese, il settore ha dunque mostrato una buona resistenza. Ma ora è arrivato il momento di crescere.
Estratto da Affari&Finanza del 17/07/06 a cura di Pambianconews