Calligaris è presente sul mercato con 12 mila punti vendita in 85 Paesi al mondo, l'estero rappresenta il 52% del suo giro d'affari, ha chiuso il bilancio 2004 con un fatturato complessivo di 137,5 milioni di euro, con un incremento rispetto al al passato esercizio del 12,6%. Un dato in controtendenza rispetto all'andamento del settore arredamento. «E' un dato, dice Alessandro Calligaris, presidente e direttore generale dell'azienda, che si spiega con la nostra capacità di coniugare, per i nostri prodotti, il design, la tendenza e lo stile con le esigenze del mercato a cui ci rivolgiamo. Per far questo bisogna essere in grado di garantire un'ampia gamma di proposte: noi, per esempio, abbiamo in catalogo sedie con almeno 15 finiture diverse che è possibile scegliere per poterle personalizzare. A tutto ciò si aggiunge l'attenzione per la formazione: tutti i nostri venditori frequentano con regolarità corsi di aggiornamento perché conoscano sempre al meglio tutti i particolari della gamma».
Il mercato internazionale sembra premiare prodotti non raffinatissimi ma a basso prezzo come quelli che arrivano dall'Europa dell'Est oppure dalla Cina. Si spiega solo così lo stallo del nostro settore arredamento. «Non è così per tutti. Noi abbiamo chiuso il bilancio 2004 con un utile, al netto delle imposte, di 15 milioni di euro che equivale a un più 17% rispetto al 2003. E' chiaro quindi che la situazione non è poi così disastrosa. Il mercato è cambiato, non c'è dubbio che oggi sia più difficile affermarsi ma si tratta di una sfida molto stimolante in cui prendere decisioni coraggiose. Per esempio, siamo in un momento di difficoltà del mercato per una forte riduzione dei consumi dovuta alla forza dell'euro che ha penalizzato la presenza di produttori italiani nell'area del dollaro. In una situazione simile noi abbiamo puntato al rilancio inaugurando una nuova sede operativa a High Point, nello Stato della Noth Carolina, per la gestione del mercato del Nord America. E questo perché noi crediamo che il prodotto italiano, purché di alta qualità, sia ancora nettamente superiore a quello che possono proporre i mercati dell'Est Europa o della Cina, proprio perché non hanno ancora la vocazione del design e della qualità».
Estratto da CorrierEconomia del 26/06/06 a cura di Pambianconews