In Italia, il capitalismo familiare piace; anche se mal si coniuga con la crescita delle aziende, che porterebbe inevitabilmente a una graduale diluizione del controllo. Un rischio aggiuntivo sono i passaggi generazionali, sempre difficili, e potenzialmente dannosi se si litiga fra parenti. Le vicende di Casa Marzotto, quasi una sceneggiatura di soap opera, sono emblematiche.
Marzotto è un nome nobile dell´industria italiana, arrivato alle soglie del 2000 con la forza della propria storia, ma anche con le contraddizioni e debolezze che da quella storia derivano. Così, ancora alla fine del 2001, l´azienda manteneva la presenza nei suoi settori tradizionali (tessuti e filati), nonostante margini risicati e crescita nulla. Il gruppo guadagnava poco anche nell´abbigliamento a marchio Marzotto; gli utili arrivavano quasi totalmente dalla controllata tedesca Hugo Boss. La struttura finanziaria era cervellotica, funzionale più all´esercizio del controllo che all´efficienza economica: tre società quotate (ognuna corredata di azioni con diritto di voto limitato), con la capogruppo Marzotto (operante sia nel tessile, sia nell´abbigliamento), che deteneva la maggioranza del capitale votante di Linificio e Hugo Boss. Inoltre, le numerose famiglie Marzotto e Donà delle Rose, che cumulativamente detenevano il 45% del gruppo, avevano anche, in misura diversa, la maggioranza di Zignago, un piccolo conglomerato privo di logica economica (vini, contenitori di vetro, filati, immobili e ambiente), pure lui quotato.
Ma invece di vendere, razionalizzare, concentrarsi e crescere nella moda, i membri della famiglia non hanno trovato niente di meglio da fare che dividersi in clan per combattersi a colpi di Opa (una, soltanto annunciata, alla faccia della Consob) per l´intero capitale di Zignago. Per farne cosa, non si sa. Ma tanto, i vincitori della contesa non hanno dovuto sborsare un euro, grazie al generoso appoggio delle solite banche amiche. Ironicamente, una delle poche giustificazioni dei patti di sindacato dovrebbe essere proprio quella di costringere parenti litigiosi ad andare d´accordo, per facilitare la gestione unitaria dell´azienda. Ma nel caso Marzotto i patti sono serviti a creare coalizioni per combattersi meglio, come nella tradizione di una celebre telenovela.
Estratto da La Repubblica del 10/03/06 a cura di Pambianconews