Paolo Zegna, oltre a essere il presidente di Sistema moda Italia (Smi) e dell'Associazione tessile italiana (Ati), è anche amministratore delegato (insieme con il cugino Ermenegildo) del Gruppo Zegna di Biella, una delle realtà imprenditoriali di eccellenza del Made in Italy, leader sui mercati mondiali.
Qual è lo stato di salute della moda italiana in questo momento?
La creatività italiana, la qualità dei prodotti, l'immagine delle industrie e degli stilisti sono i valori aggiunti del tessile-abbigliamento italiano che il mondo ci invidia, ricerca, talvolta copia e ambisce a possedere. Una delle difficoltà, forse la maggiore, consiste nella eccessiva frammentazione delle aziende. La Federazione Smi-Ati ha tra i suoi obiettivi quello di concorrere ad aiutarle per raggiungere quella massa critica indispensabile per reggere la competizione internazionale.
La Cina è una minaccia o un'opportunità?
La Cina è, innanzi tutto, una grande sfida. Diventa una minaccia se si sta fermi, ma può trasformarsi in una grande opportunità, per le singole aziende e per l'intero settore, se siamo capaci di muoverci più velocemente dei produttori cinesi, soprattutto nei segmenti a maggior valore aggiunto, dove la competitività dei prodotti è meno condizionata dal fattore prezzo.
Quali sono le carte vincenti che può giocare un'azienda di alta gamma nel segmento maschile oggi?
Oltre a tutto quello che ho detto prima, l'attenzione al time to market, la flessibiltà dei servizi, i rapporti con la distribuzione. Molte imprese stanno reagendo spostando il mix di offerta verso le fasce di mercato a maggior valore aggiunto. Questa è la strada giusta da percorrere.
Come si può proteggere e rafforzare il made in Italy? Una legge che lo tuteli può essere utile?
In primo luogo affermando il diritto del consumatore finale a una libera, ma anche documentata scelta. Va in questa direzione la decisione della Commissione europea di sostenere la proposta del commissario Peter Mandelson per il regolamento sull'etichettatura obbligatoria delle merci che vengono importate dai Paesi extra-Ue. L'impegno adesso è di continuare a lavorare per arrivare il più rapidamente possibile all'approvazione definitiva del regolamento da parte dei governi della Ue.
Basta un'etichetta?
No, bisogna costruire un mercato globale free ma anche fair, dove valgano per tutti le stesse regole, senza ricorrere ad anacronistici protezionismi. Da ultimo, l'importanza di fare sistema. La nascita della Federazione Smi-Ati e di Milano Unica, la fiera unitaria del tessile, sono i primi, importanti e concreti esempi in questo senso.
Estratto da Economy del 13/01/06 a cura di Pambianconews